Se per un verso Apocalypse Now ha a che fare con la psichedelica degli anni ‘60/’70, ormai al tramonto, non per niente a me il volto di Francis Ford Coppola richiama quello del defunto Jerry Garcia, Il Cacciatore – The Deer Hunter ha che fare con certa letteratura europea che parte da Guerra e Pace ed arriva a Cuore di tenebra continuando a camminare verso certi stati d’animo descritti da autori a noi contemporanei quali Camus o Malcom Lowry: parafrasando il testo di quest’ultimo viene sa scrivere Sotto le risaie.
Stranamente i migliori film post vietnam sono stai confezionati da autori italo-americani: a Coppola e Cimino va aggiunto Brian De Palma con Vittime di guerra, mentre Robert De Niro andava a spasso dentro il tema facendo ora il soldato ora il reduce. Nel film di Cimino ha però la possibilità di fermarsi e riflettere guardandosi negli occhi del cervo, prima di decidere se premere o no il grilletto.
Anteriormente ai film americani sul Vietnam, i soli ad occuparsi di quella guerra, inutile e capricciosa come i guerrafondai, furono gli autori francesi ed italiani a richiamare le platee su quanto accadeva in Indocina e su tutti Jean-Luc Godard e Bernardo Bertolucci che con spirito sessantottesco inscenavano l’impatto mentale che aveva sulle candide menti intellettuali dell’epoca. E se a Godard bastavano i suoni di mitraglia o mostrare Belmondo davanti allo schermo che proiettava incendi e devastazioni, a Bertolucci bastava mostrare la bandiera vietnamita per additare ai giovani l’ora della rivoluzione.