OGGI
Vittorio Cottafavi fu un regista italico molto più ben voluto in Francia, dove chi voleva fare del cinema, si affaticava dapprima in un apprendistato da critico, scrivendo su riviste battagliere, a volte in netto contrasto tra loro, che avevano i loro personali autori innalzati su un piedistallo.
Luc Moullet fu tra quelli che difendevano a spada tratta il nostro Cottafavi, il quale nel suo paese era considerato come un discreto artigiano da affidare alla recensione di quell’onnipresente firma sotto il nome di Vice.
La rivolta dei gladiatori non è certo il suo maggiore lavoro. Pensando alla destinazione finale di questo genere di pellicole, la sala parrocchiale, l’unica nei piccoli centri di montagna, specie nel sud, come il cinema Loreto di Platì, era un capolavoro per gli occhi dei bambini in cerca di avventure, risse e cattivi da uccidere, che nulla sapevano di critica a qualsivoglia livello. Chissà quanti bambini, in quei tempi di berlinese muro, sapevano dell’Armenia, quella reale e non quella imperiale.
Ettore Manni e George Marchal reggevano molto bene i loro incarichi, per merito anche, quest’ultimo , del suo doppiatore Emilio Cigoli, la voce del primo era di Nando Gazzolo; Gianna Maria Canale era sempre la perfida strega assetata di sangue e potere.