Il brigante di Tacca del Lupo (1952) non dovrebbe rientrare in questa retrospettiva dedicata ai film che trattano della Calabria. I riferimenti che le azioni danno collocano la vicenda nella Lucania, a Melfi, nell’estremo nord di quella regione, accanto alla provincia di Foggia.
La lavorazione, invece, per gli esteri, si svolse nel reggino: riconoscibile tra tutti la fiumara di S. Elia presso Melito Porto Salvo con Pentedattilo , il cui sfondo ricorre spesso anche da angolazioni diverse. Ma anche S. Stefano d’Aspromonte, paese natale di don Peppino Musolino e ancora le Rocche Prastarà di Montebello Ionico. Senza notare che in quegli anni non si badava alla filologia e nei film gli attori che interpretavano personaggi calabresi, lucani o pugliesi venivano doppiati tutti col siculo-partenopeo.
Le vicende di briganti, ex borbonici, contro i nuovi arrivati piemontesi è comune a tutto il Regno delle due Sicilie. Vi passò don Peppino Garibaldi, e con lui vi passarono le speranze; tutto rimase come sotto Francesco II. Questo lo aveva anticipato e chiarito meglio di me don Fabrizio, principe di Salina, noto come il Gattopardo.
Si è detto molto sulla pellicola di Germi, il primo a vedere il sud italiano senza abbellimenti di sorta, spartano, come lo era il regista nella vita e nella professione. Si è detto del meridionalismo come dei riferimenti filmici cui il lavoro rende omaggio : John Ford ed i film con il seventh Cavalry; su tutti il più noto, quello che qui si riprende, Il massacro di Fort Apache (Fort Apache, 1948) interpretato da Henry Fonda e John Wayne, ambedue riveduti sotto la mano di Germi con i volti di Amedeo Nazzari e Fausto Tozzi. Del resto il Regno delle due Siciliè è l’unico paese al mondo assieme all’ovest americano dove realtà, miti e leggende si confondono e impastano.
Non viene messa in luce, ancora oggi è così, nel film come nelle critiche ad esso rivolte, l’intera vicenda del brigantaggio come lotta dei poveri. Nell’opera di Germi, ed è quello che maggiormente dispiace e non convince, l’intero episodio è risolto con la vendetta-salvezza dell’onore coniugale che adombra il motivo per il ricongiungimento delle regioni italiane.
Forse il brigantaggio deve ricondursi alle lotte partigiane che scossero l’intero globo terrestre, dall’America del sud alla Russia, alla Cina e via col vento. Forse il brigantaggio deve essere associato al terrorismo che insanguinò ed insanguina le nazioni ed i terroristi manovrati ora da questo ora da quel governo, che se ne serve buttandoli infine in pasto ai tribunali se non vengono fatti tacere per sempre.
In Calabria dei briganti si servirono tutti, governanti e latifondisti, armando i poveri per difendere i loro interessi, per poi lasciarli ai boia. I poveri non si resero conto di niente, passarono di mano in mano, per essere sempre manovrati dai Borboni ai Piemontesi, dai bianchi (il papato) ai neri ai rossi, strumentalizzati per sempre. Così avvenne che il meridione italiano fu, con ingegno, fatto restare nell’arretratezza e sotto il giogo dei militari come della polizia di stato. Del resto questi signori in armi ( in questi ultimi tempi diplomati e laureati, senza contare le signorine )vengono dal proletariato e contro di esso mandati a soggiogarlo, come i bersaglieri nel film di Pietro Germi che erano contadini del nord scagliati contro i contadini del sud.