mercoledì 13 febbraio 2013

martedì 12 febbraio 2013

I DUE più beI film della storia del cinema

OGGI
AL CINEFORUM PEPPUCCIO TORNATORE
Mi rammento: una malinconia terribile aveva invaso tutto il mio essere; avevo una gran voglia di piangere; tutto destava in me sorpresa e mi rendeva inquieto. In modo più spaventoso ancora, mi opprimeva la sensazione che tutto era, ai miei occhi, estraneo, e comprendevo benissimo che quell'essere tutto estraneo mi uccideva. Rammento di essermi sottratto a questa prostrazione e a quel buio la sera in cui, giunto a Basilea, misi piede sul suolo svizzero per la prima volta... Mi fece tornare in me il raglio d'un asino sulla piazza del mercato. L'asino mi colpì fortemente e, al contempo, mi piacque molto: e, da quel momento, tutto parve rischiararsi nella mia mente. Fedor Dostoevskij L’idiota
"Ho rispettato John Ford fin dall'inizio. Inutile dirlo, io ho posto molta attenzione alle sue produzioni, e penso che sono influenzato da loro." Akira Kurosawa
Per molto tempo ho stimato che il più bel film della storia del cinema fosse Sentieri Selvaggi (The Searches) realizzato verso la metà degli anni 50 da John Ford.
Inaspettatamente pochi giorni or sono mi sono ricreduto vedendo L’idiota (Hakuchi) del giapponese Akira Kurosawa realizzato qualche anno prima del capolavoro fordiano.
Non mi sono allontanato di molto perché Kurosawa considerava Ford tra i suoi maestri e ne L’idiota la parte figurativa deve molto al maestro di origini irlandesi.
Io i miei feticci li tengo sull’altare e questo lo ripeto fino alla vergogna ed in questa occasione non mi pare il caso di nominarli, ma il culto non ha nulla a che vedere con la rappresentazione reale dei sentimenti e degli stati d’animo.
Per farvi un altro esempio,  uno dei miei scrittori di culto è Raymond (Il grande sonno)Chandler; tuttavia i sentimenti e gli stati d’animo li ho scoperti attraverso Lev Nicolaevic Tolstoj e Fedor Dostoevskij, ed ancora una volta il passo dall’uno agli altri è la distanza tra il pollice ed il mignolo della mia mano.
Fedor Dostoevskij è l’autore de L’idiota romanzo da cui Akira Kurosawa trasse il film che porta lo stesso titolo. L’idiota di Kurosawa risulta essere, pur nella versione finale massacrata dai produttori, il regista ne aveva approntata una che superava le quattro ore di durata,la migliore trasposizione per immagini di un testo scritto. Con grande maestria il regista giapponese ha trasportato l’azione dell’opera di Dostoevskij dalla Russia zarista al Giappone dell’immediato dopoguerra e tutto il lavoro è climatizzato dalla quantità di neve che copre gli esterni del film.
Lev Nicolaevic, il principe Myskin, nobile decaduto, diviene un reduce, Kameda, di Okinawa preso talvolta dagli spasmi del mal caduco.
I nomi dei protagonisti cambiano ma i caratteri di Rogozin, Nastas’ja Filippovna, Aglaia permangono intatti. Come identica è la tensione che agita i personaggi i ogni qualvolta entrano in contatto tra di loro. Nella sua lievità è un’opera che va direttamente al cuore e vi rimane murata.
Quanto ho scritto l’avevo dapprima riservato al film di John Ford e i due film Sentieri Selvaggi e L’idiota coesistono  insieme dentro di me.

Akama: Hai paura di una ragazzina? [riguardo ad Ayako]
Taeko Nasu: Sì. Ho paura perfino di guardarla. Lei è l'incarnazione di tutti i miei sogni. Lei ha... tutto ciò che io ho perduto.
« Adoro Dostoevskij, ma non filmerò mai L'idiota dopo Kurosawa » Andrej Arsen'evič Tarkovskij

domenica 10 febbraio 2013

Piccoli fuochi

Valeria Golino a Taormina (polaroid Mittiga)

giovedì 7 febbraio 2013

Quelli che fecero il cinema

Due uomini hanno fatto il cinema: Méliès e Griffith. Poi venne Chaplin. Più indietro Mack Sennett.
Orson Welles

mercoledì 6 febbraio 2013

lunedì 4 febbraio 2013

Dall'Egitto con amore

OGGI
Nel 1959 con Le Legioni di Cleopatra sotto le apparenze del genere storico-mitologico, gli autori del soggetto e della sceneggiatura arrivano a darci un film politico ed a tentare di spiegarci i fatti del passato un po’ come il Queimada di Gillo Pontecorvo.
In Italia Vittorio Cottafavi è noto soprattutto per alcuni illustri sceneggiati televisivi. Per citarne uno io preferisco ricordare A come Andromeda, mentre i più ricordano meglio I racconti di Padre Brown.
Oltralpe invece è riverito ed osannato per il genere storico-mitologico, i frutti migliori sono suoi, che faceva molti più incassi nei cinema parrocchiali come il ben noto Cinema Loreto di Platì.
Le critiche per questo genere di film erano esclusive di un famoso recensore chiamato Vice. Questi aveva tanti volti per quanti erano i quotidiani disseminati lungo la penisola: dalla Stampa di Torino al Giornale di Sicilia di Palermo.
Le legioni di Cleopatra risulta un notevole lavoro: la regia si districa alla grande specie nelle scene dominate dai fondali dipinti a mano e dalla carta pesta come nei passaggi comico grotteschi. Il tutto lavorando con meno soldi di quelli che disponeva Joseph L. Makiewicz per tenere a freno Liz Taylor e Richard Burton, quest’ultimo anche lontano dalla bottiglia di Nero d’Avola.
Curridio (Ettore Manni) è inviato in Egitto dal futuro dittatore, nonché imbavagliatore di intelletti, Augusto per cercare di far ragionare Antonio (Georges Marchal) e farlo passare sotto la sua tunica,tradendo i pepli e la bellezza di Cleopatra(Linda Cristal), ballerina anonima nei locali notturni di Alessandria e seduttrice dello stesso Curridio.
La storia, l’abbiamo risentita tante volte , porrà Ottaviano Augusto sul piedistallo -  i suoi contemporanei fecero di meglio,lo divinizzarono - dopo essersi sbarazzato di Antonio e Cleopatra, pur tuttavia rimpiangendo l’immagine di quest’ultima, all’insaputa della titolare del letto coniugale, la perfida Livia.
Curridio, ultimo repubblicano, a missione compiuta, sceglierà l’esilio e l’avventura in terre oltre l’impero, lontano dalla corte e dai meschini cortigiani e cortigiane.
Tra gli interpreti citati sopra vorrei ricordare un caratterista che appariva  in questo genere di film e richiamato spesso da Vittorio Cottafavi: il nano Salvatore Furnari.


domenica 3 febbraio 2013

Great political movies

Great political movies (No17) Queimada (Burn!) Posted on February 7, 2011 by matthewashton

 Everyone seems to have seen The Battle of Algiers, which I reviewed last week. However for some reason it’s follow-up, Queimada, better known by its title in the US, ‘Burn!’, is now undeservedly forgotten. The director Gillo Pontecorvo revisits many of the themes of his earlier work, such as colonialism and revolution but this time has a significantly bigger budget to play around with. As result the film is made in colour and features Hollywood’s most mercurial talent, Marlon Brando, as it’s star. Queimada is a historical epic that tells the story of a decade in the life of a small Portuguese colony in the 19th century. Sir William Walker, played by Brando, is an English agent sent to the colony to help stir up revolution for the benefit of the British Empire. He arrives to discover that the man who was going to be the leader of the rebel army has just been executed by the authorities, and so sets about manufacturing himself a new one. He quickly tricks porter Jose Delores, played by newcomer Evaristo Marquez, into first robbing a bank, then killing a Portuguese guard and then taking up arms against the government. At the same time he is also fermenting revolution amongst the white settlers by making them promises of the benefits free trade will bring. The revolution is a success, but parties on all sides quickly discover that once taken power is a difficult thing to wield. Of course this isn’t Sir Walker’s problem as he is seen departing the island for similar work in Indo-China (a nod to the ongoing Vietnam War). The film then flashes forward ten years as he returns to the island to help put down the native rebellion that he created in the first place. This is one of the best ever films to explore the issues of racism and colonialism from a Marxist perspective. For instance, in the scene below Walker explains to the colonists the benefits of freeing their slaves, not because it is the right things to do, but because of the economic benefits of having a more flexible workforce, (warning: some nudity and a lot of sexism): Later in order to destroy the rebel army, Walker orders all of the crop fields to be burnt down. A representative of the sugar trading company is appalled because it will damage their profits. Walker coolly tells him that it will only impact their profits for a few years and that they have hundreds left to exploit the island. He also points out that the company has dozens of possessions like this one where the workers might be encouraged to rebel, which is why the revolution must be put down with such force. Rarely has the relationship between big business and colonial empire been given such a thorough economic critique on film. While Brando is clearly the villain of the piece, it’s a fantastic piece of acting on his part. He plays Walker as being cheerfully amoral, a man who knows the value and price of everything but is largely unconcerned by the consequences of his actions. At one stage he even admits that he is not well paid for his services but does it because he enjoys it. Apparently the film shoot was a nightmare for all concerned and they were beset by technical and language difficulties. There should probably be a rule for filmmakers that if you want to film an epic, don’t film it in the jungle with Marlon Brando. As Francis Ford Coppola discovered a decade later with Apocalypse Now, it rarely ends well. The lessons of Queimada are still relevant today. For instance, the idea of a colonial power creating a rebel movement for its own ends, but then loosing control of it, has parallels with the USA’s role in supporting the Taliban in the 1980s. It also asks the question of what happens when a revolution leaves you less free than before? Finally if that doesn’t convince you then the film also boosts one of Ennio Morricone’s best scores, as used here over the opening credits:

L'originale è qui:
http://drmatthewashton.com/2011/02/07/great-political-movies-no17-queimada-burn/