lunedì 12 marzo 2012

Harvest


Tra i libri che portai con me quell’anno, c’era La linea d’ombra di Joseph Conrad. Rientrare a casa fu come superare quella linea, qualcosa era cambiata e sebbene stavo riprendendo la solita vita niente era più come prima.
Un fatto grave accadde quasi subito il mio rientro. La morte per cause accidentali di C. S., turbò tutti quelli che la conoscevano. Una volta, quasi come facendomi una radiografia, mi disse. “io ti vedo bene da solo”, non mi spiegò cosa pensasse ne io mi curai di chiederlo, ma quella frase mi accompagna ancora, e sono sempre da solo.

Dopo un anno di vita regolata dalla disciplina e dalla gerarchia, da un illusorio senso del dovere, come da fantomatiche aggressioni esterne, ancora per molto, e nei sogni notturni, continuerà l’ansia di non poter tornare liberi a casa o dal richiamo forzato a svolgere compiti inutili con gente sempre più giovane.
Per fortuna l’anno è trascorso, si è vivi e si è felicemente costretti a riprendere da dove si era interrotta la sequenza quotidiana della vita.
A fatica ripresi il lavoro all’E. dopo il rischio di una possibile estromissione per non dire licenziamento. Il mio direttore S. M. da amministrativo pensava di inquadrarmi come docente. La materia la conosceva soltanto lui, io da perenne autodidatta non sapevo cosa poter insegnare e quale era la disciplina a me più congeniale: ho vissuto e vivo in una continua condizione di stare sbagliando qualcosa nel meccanismo del compito a me affidato. Del resto, non sono un pensatore, non ho la pistola carica come il buono, io sono come il brutto, scavo.

L'architettore delle immagini

Amos Gitai a Taormina ( polaroid Mittiga)

giovedì 8 marzo 2012

Big Jane & Big Michael




La retrospettiva che inizia oggi è dedicata al più grande emarginato hollywoodiano: Michael Cimino
Sarà un viaggio a ritroso, dalla sua opera più recente che risale al 1996 al debutto del 1974.
Per cominciare invece di un film vi presento un libro, l’unico ancora pubblicato dal regista. Si tratta di Big Jane uscito dapprima in Francia e successivamente in Italia. A suo tempo fu presentato, come un opera filmica, al festival di Venezia.
Il pregio di tutta l’opera di Michael Cimino è che lui sa raccontare le storie con la  Panavision e anche con la penna non difetta per niente.
Di solito è lo scrittore che passa dietro la cinepresa, vi cito solo due a cui sono affezionato: Pier Paolo Pasolini e Peter Handke, scusate se è poco. L’unico regista che conosco passato alla scrittura è stato Eric Von Stroheim che scrisse Paprika. Von Stroheim ha in comune proprio con Cimino l’ostracismo degli studios dopo un flop con gli incassi di un capolavoro.
E’ un road- book che narra le peripezie di una statuaria bionda, per giunta bella,  in un andirivieni da costa a costa, dalla Long Island di Lou Reed alla California dei Grateful Dead di Jerry Garcia, a cavallo di una Indian.
Sembrerà strano ma il libro sembra scritto alla moviola con tagli nervosi e stacchi quasi bruschi da un’inquadratura all’altra ed ogni capitolo è aperto da una citazione del Don Chisciotte di Cervantes
Non mi va di raccontarvi tutta la storia, dico solamente che Big Jane e Michael Cimino hanno in comune l’amore per la cultura dei nativi americani , presso cui il regista ama passare parte dell’anno.
Per Herman Melville il tema era lo spazio, per Jack Kerouac la velocità, per Jane Kiernan tutt’e due.



mercoledì 7 marzo 2012

OGGI
AL CINEFORUM PEPPUCCIO TORNATORE
Il romanzo di Edward Abbey da cui è tratto Solo sotto le stelle (The Bave Cowboy) è del 1956,molti anni prima che Cormac  McCarthy modellasse i suoi personaggi simbolo: John Grady  Cole, Billy Parhman e lo sceriffo Bell.
Jack W. Barnes e lo sceriffo  Johnson, con i volti di Kirk Douglas e Walter Matthau, potrebbero esserne i loro prototipi.
L’elemento base di questo film, il vero capolavoro, è la sceneggiatura di Dalton Trumbo. Trumbo aveva sceneggiato per Kirk Douglas Spartacus, poi tradotto sullo schermo da Stanley Kubrick che lo rinnegò successivamente; i due tipi, distanti duemila anni, si assomigliano: voglia di libertà, lotta contro ogni tirannia, individualismo, forte legame con la natura; alla fine della loro corsa saranno inseguiti e stroncati dall’apparato repressivo della società . L’attore ancora oggi lo indica come il suo preferito.
Purtroppo David Miller non è Kubrick, ma non gliene vogliamo, il film l’ha diretto bene, tenendo “per le redini “ Kirk Douglas, fuori misura in altre occasioni. E, concedetemelo, Walter Matthau  aveva molto meglio dello insignificante T. L. Jones, il volto ideale e l’umanità della figura, per interpretare lo sceriffo Bell di Non è un paese da vecchi dei Coen.
Per tornare al romanzo di Edward Abbey, mai tradotto in Italia,dove però sono stati pubblicati Deserto solitario, Fuoco sulla Montagna e I sabotatori, contiene i temi cari al suo autore, un partigiano  della wildness cara a  Henry David Thoureau.


lunedì 5 marzo 2012

Linguaggio cinematografico

Noi siamo i figli del linguaggio cinematografico. I nostri genitori sono Griffith, Hawks, Dreyer e Bazin, e Langlois e non voi, e del resto le strutture, senza immagini e senza suoni, come potete parlarne?
Jean-Luc Godard

domenica 4 marzo 2012

Harvest



E ancora. Quando la notte, per scansare qualche servizio più pesante, mi mettevo di PAO, Picchetto Armato Ordinario, accendendo la piccola radio a transistor Philips 80, capitava che l’angelo di deejay di una emittente locale,  molto simile a Radio Messina Quartiere nelle scelte musicali, faceva girare sul piatto The River del Boss, e lo faceva anche in quelle notti fredde e più lente da trascorrere, in cui ero sull’altana a guardare oltre la parte illuminata intorno alla caserma. Di certo non mi ha fatto sentire inutile. E ci fu una mattina quando dopo una notte passata al comando, era stato nel frattempo nominato caporalmaggiore, del drappello di guardia alla porta centrale, al momento dell’alzabandiera, al cospetto di tutta la caserma “Pasquali”, ufficiali, sott’ufficiali e truppa, mentre urlavo il presentat arm, con la banda che intonava l’inno di Mameli, che mi avrebbero potuto ordinare di invadere nuovamente la Polonia per come mi sentivo in quel momento, dentro un film epico di Anthony Mann.
Rock’Roll animal di Lou Reed, in cassetta, lo faceva serpeggiare per le camerate un catanese che aveva solo una pecca, era l’unica cassetta in suo possesso e lui ce la faceva ascoltare dall’alba al tramonto. Costui la notte, prima di andare in missione a mollare buste di plastica piene di acqua ed altre porcherie, si preparava ascoltando l’intro con quell’assolo di chitarra che rimane una delle cose più belle di Lou Reed. Erano note di terrore in quell’istante, che annunciavano all’ignaro malcapitato la pena per una infrazione al codice del nonnismo. Un urlo disumano volava nei corridoi, attestava che la busta si era deflagrata sul malcapitato di turno ed il sonno poteva riprendere tranquillamente per quella notte.
Quello fu l’anno in cui il battaglione a cui ero assegnato ebbe l’onore delle cronache radiotelevisive e giornalistiche. Un giovane muratore che lavorava dentro la caserma mise in moto un cingolato anfibio, sfondò il muro di cinta e dopo un percorso di qualche chilometro si fermò al casello dell’autostrada Roma-L’Aquila per prendere il biglietto. Voleva andare dalla sua fidanzata e farle fare un giretto. Come un film a velocità raddoppiata ci armammo e montando su qualsiasi mezzo scappammo a riprenderlo in tempo. I giudici,stranamente, furono molto clementi vista la giovane età.



in quell'anno, nel tour di the river  quando il boss attaccava Badlands Roy Bittan introitava al piano c'era una volta il west del Maestro prima dell'esplosione

“Lights out tonight
trouble in the heartland
Got a head-on collision
smashin’ in my guts, man
Luci spente questa notte
problemi nel centro
ho la testa che mi scoppia
e lo stomaco in subbuglio, amico

giovedì 1 marzo 2012

Ignatius J. Reilly


Quando la ruota della Fortuna gira verso il basso, vattene al cinema e dimentica tutto il resto.
John Kennedy Toole, Una banda dui idioti