«Sapevo che si poteva fare di tutto in un film, il
solo mezzo con cui è possibile riprodurre la vita come essa realmente è. Sapevo
anche che uno spettacolo che riflette la vita è uno spettacolo più ricco di
quello che la deforma. Il cielo era il limite! Tutto ciò che un uomo poteva
sognare, potevo e volevo riprodurlo nei miei film. Stavo per attuare la
metamorfosi del cinema in un'arte - un
insieme di tutte le arti. Bisogna lottare per questo, e se occorre morire!... Io
ho lottato... E quasi ne sono morto! ››
Di fatto, il realismo onirico di Stroheim teorizzato
in questa dichiarazione sollevò a nuove altezze, praticamente illimitate («
...il cielo era il limite!... »], la passione di Frank Norris per la realtà. Mc
Teague (Gibson Gowland] divenne subito il ritratto e l'epitome di un'intera
civiltà. Stroheim l'aveva saturato di tutto quel « noir ›› che lo attirava come
una nemesi. La sua San Francisco (che ospitava ancora le stimmate del
terremoto) divenne l'emblema della società intesa come trappola, ossario e carnaio.
Essa non era che la Terra Desolata ai margini della Valle della Morte in cui
uomini e donne lottavano tra loro per il pane quotidiano.
E la vita stessa di tutti quegli esseri famelici e
brulicanti veniva evacuata nelle fogne della città. (continua)
Franco Ferrini, I
GENERI CLASSICI DEL CINEMA AMERICANO, BIANCO E NERO, 1974 Fascicolo ¾