Per un consuntivo interinale
Nessun bilancio esauriente sarà possibile sulla poiesi — narrativa, visiva e drammaturgica -- di Vasilij Makarovic Shukshin finché non avremo a disposizione -Peéki-iavoéki, la traduzione —auspicabilissima - della sua opera di romanziere e tutte le sue interpretazioni filmiche.
Sicché ora é possibile appena abbozzare un consuntivo provvisorio e sommario della sua esperienza d'au-tore; un consuntivo che andrà rimeditato e aggiornato man a mano che altre sezioni della sua attività ci saranno noti. E‘ questa la ragione per cui esso é stilato in forma di appunti.
1. Si può parlare a buona ragione di fenomeno Shukshin. Le testimonianze dall’Urss dicono di un notevole interesse intorno alla sua figora di autore. Tra l’altro, ha dalla sua un forte consenso che non sembra affatto frutto di un gregarismo istintivo e qualunquistico ma piuttosto di una convergenza espansiva sui valori, sui modelli culturali, sulla Weitanschauung proposta da Shukshin attraverso Ia narrativa e i film. La partecipazione alle sue esequie è stata imponente. I suoi film sono molto seguiti [Kalina krasnaia ha vinto il primo premio al settimo festival nazionale del film sovietico a Baku, rassegna globale della produzione di tutte le repubbliche: scelta assai indicativa]. I suoi racconti sono richiestissimi nelle librerie. I vecchi numeri di Novyj Mir e di Molodaja Gvardija sono ricercati presso i negozi di libri usati. Non s'é smorzata l'ondata di articoli e saggi sulla sua opera, su riviste e gazzette del mondo culturale. Shukshin é un uomo che ha inciso nel quadro della cultura sovietica contemporanea, oltre e contro le perplessità e titubanze ufficiali.
2. Nella vita ho fatto solo tre o quattro libretti e due film, Pecki-lavocki e Kalina krasnaja [Lev ’ Anninskij, -Vasilij Shukshin, Sojuz kinematograitov, SSSP, Bjuio propagandy sovetskojo kinoiskusstva,1976]. Shukshin è un perfezionista come tutti i lavoratori tenaci: è per il “lavorare e provare" di Romm. Ma il primum del suo impegno é la letteratura. “E’ lì che tutto comincia. Prima di tutto, in quanto scrittore, medito su un fenomeno qualunque. Soltanto in seguito, ed è la regola generale, interviene la visione cinematografica e allora comincio a lavorare come cineasta" [Natalia Rubetskaia, Vassilij Sciukscin, l’Ecran ,1974, dic., p. 7].
3. La narrativa dunque é per Shukshin la prima scelta espressiva. Attraverso di essa manifesta il suo appetito di realtà, di problemi, di circostanze, di personaggi. Attraverso di esso, torna ciclicamente su alcune idee forza, memoriali della sua concezione del mondo, fedele allo spirito georgico della terra russa. I suoi racconti sono altrettante inchieste condotte sul corpo vivo di quella umanità rurale che per la sua allogazione é stata la meno permeabile alle proposte di cambiamento rivoluzionario. Tutta la sua narrativa, pur cosi frantumata, compone un variegato affresco di un mondo in costruzione, di una realtà che si vien costituendo, per effetto di un cambiamento. Ed è un gran romanzo in ‘positivo’ perché tiene soprattutto conto dei canoni poetici di Belinskij. Moderno rapsodo, Shukshin ha scelto come forma narrativa tipica il racconto: la cui tipologia é perfettamente omologa -da sempre — al realismo, scelto come concezione di fondo.
La preferenza accordata a una narrativa di scansione sincronica in luogo di quella diacronica propria deI romanzo, significa attenzione all' hic et nunc, a un certo costume, a una certa realtà, a un certo ambiente e ai suoi problemi. Per cui prevalgono la situazione sulla vicenda e il protagonista suIl'evento storico. E i capitoletti della sua comédie humaine sono allogati in una precisa realtà geopolitica, quella della regione dell’Altaj nella Siberia meridionale, a sud di Novosibirsk, attraversata dal Katun immissario dell'Ob. La natura, il fiume, i campi, gIi alberi sono coprotagonisti della sua narrativa. .
4. – L’interpretazione scenica é una componente importante ma non decisiva della sua espressività.
La sua faccia severa, i tratti forti dei fisico richiamano la somatica tipica del siberiano. Zigomi puntuti, fronte schiusa, occhi stretti, acutamente ritirati sotto le arcate sopracciliari. Una professionalità sicura, ma anche una ridotta possibilità di variazioni interpretative. Ma siamo naturalmente molto lontani dalla monocordicitià.
Si distinguono di solito (Lev Alnninskij, Vasilij Shukshin, art.. cit.) quattro momenti distinti nella sua storia d'attore. Gli anni 1959-1964 sette film, piuttosto anonimi, in cui Vasilij Makarovic si sforza di tratteggiare i lineamenti di un tipo umano che definirà inseguito con la sua attività di autore; quasi un tempo di prove sperimentali.
Il secondo momento [1964-1967] segna una pausa nelle sue interpretazioni cinematografiche e corrisponde all'esordio in regia e a una intensificazione dell'impegno di narratore.
Il terzo momento comprende gli anni tra il 1967 e il 1971, nel corso dei quali Shukshin interpreta sei film, ma con un ingaggio nuovo e non casuale a costruire l’immagine di un personaggio ‘deviante’, per intenderci, alla Bogart: un uomo che ha sbagliato più per la stretta di eventi avversi, che per responsabilità personale; un personaggio sano nonostante; un personaggio che dietro modi bruschi e scontrosi e oltre repentine avventatezze conserva una radicale onestà, insufficiente pero a scamparlo dalla sventura.
L'ultimo tempo del suo ingaggio d'attore Shukshin Io confonde con il suo impegno di autore: diventa protagonista dei suoi due ultimi film con una caratterizzazione nel senso dell'amarezza e dell‘accoramento, che il male fisico drammatizza nella piega amara delle labbra, nella tensione dei tratti facciali, nell’aggrondarsi delle sopraciglia.
In genere il lavoro con gli altri registi non lo ha soddisfatto. La sua esperienza come direttore di attori lo ha portato a questa conclusione: “ci si deve fidare dell'attore, e mettersi nei suoi panni a condizione ch'egli pensi come te e abbia le tue stesse aspirazioni » [Natalia Rubetskaia, Vassili Shukshin, cit.', p. 7]. Tutto il suo itinerario interpretativo, dal giovane soldato Fédor del film di Khuciev, 1959, al Pétr Lopatkin, vecchio minatore e soldato nel film di Bondarciuk, 1974, cit., sembra una delle esposizioni del suo Erlebnis.
(continua)
Bruno De Marchi, BIANCO E NERO, Anno XXXVII,
luglio/agosto 1976