mercoledì 24 ottobre 2012

Sergio, Romolo, Remo

OGGI


In questo film, di poco successivo a Gli ultimi giorni di Pompei i primi due Sergio del cinema italico si scambiano i ruoli ed il Leone lasciando la regia al Corbucci rimane tra i soggettisti e sceneggiatori, identici al lavoro citato sopra.
Resta fermo quanto detto: con i pepli i due si sono fatti il mestiere per costruire i più bei western spaghetti. Guardate come Sergio Corbucci sistema i Sabini sulle colline, in lontananza, con il grande capo Girotti che porta l’elmo come se fosse lo scalpo di un Mohawk, rasato ai lati.
I  protagonisti sono due suole lisce, con un costumino bianco il buono, nero il cattivo; come le due donne, Virna Lisi, che partorirà la futura gens romana, in peplo bianco e Ornella Vanoni, la strega, in una tutina nera, stretta a fianchi.
Decisamennte molto meglio il contorno da Piero Lulli ad Andrea Bosic.
Per inciso:
-  la seconda troupe è condotta da Franco Giraldi, che qualche anno dopo condurrà quella seconda in Per un pugno di dollari.  
-  Carlo Simi, l’arredatore, e Benito Stefanelli, il maestro d’armi, affiancheranno Sergio Leone in tutto il suo cinema.

Da Eduardo De Filippo al Mahabharata

Vittorio Mezzogiorno 1941 - 1994 a Taormina ( polaroid Mittiga)

lunedì 22 ottobre 2012

Nick & Francis



Secondo la ponderata visione di (Nicholas) Ray, Francis Ford Coppola è virtualmente l’unico maestro che lavora nel cinema di oggi. Oltre a Ray, ovviamente. Nick Ray

Pitagora al cinema

PYTHAGORAS RULES OK

 

Who believes in the transmigration of souls? A month ago, I would have said no-one, provided you distinguish the doctrine from that of reincarnation. But that was before I finally caught up with Le Quattro Volte, first shown at the 2010 Cannes Film Festival. It is set in rustic Calabria, in the toe of Italy, where according to its director Michelangelo Frammartino a belief in animism still has a hold. He traces this back to the presence in Calabria in the sixth century BC of the Greek thinker Pythagoras, whose precise doctrine is elusive but who is credited with formulating the idea of the transmigration of souls. 2500 years later I learn from this film that it is still around.

The doctrine is a key to understanding the film which tells the story, in a narrative of great economy and elegance, of how when the goatherd dies, his soul migrates into the goat kid born immediately after his body is shut in its tomb, and how when the kid dies, lost in the forest and cold, its soul migrates into a mighty fir tree, and when following the village festival the tree is cut up and used for making charcoal, the tree’s soul metamorphoses into smoke escaping from the chimney in the last image of the film.

Something nagged at me that I had seen this before, and I tracked it down to Ozu’s penultimate film, The End of Summer (1961). In the final sequence, the family sits in the house mourning the passing of the Old Master. They then notice the smoke coming from the crematorium and stand to watch. Quite separately an elderly peasant couple washing vegetables by the river notice the smoke which, they comment, means that someone has died. She adds piously that it is pitiful if it is a young person instead of someone older. He agrees but adds that new lives necessarily replace those that die, a sentiment which she rounds off by pronouncing, 'How well nature works.' The final image is not of smoke but of crows by the river and then perched on memorial stones. They caw and a gong sounds. The end. (The crows are not baleful, as I first thought, merely part of nature and Ozu might even be suggesting that the man's soul is reincarnated in a bird.)

'How well nature works.' That is Frammartino's idea, surely, in Le Quattro Volte: that humans live in a natural environment which compels their attention and the necessity of connection, and you can best illustrate this by the idea of the soul in the human flitting into an animal then into a tree and then into smoke, absorbed in effect into the cosmos.

© Tim Cawkwell 2011

L'originale si trova qui:

http://www.timcawkwell.co.uk/film__religion/le_quattro_volte/

 

 

giovedì 11 ottobre 2012

Il cinema francese come ...


Robert Bresson è il cinema francese come Dostoevskij il romanzo russo  e Mozart la musica tedesca. Jean-Luc Godard

mercoledì 10 ottobre 2012

Le notti bianche sul Pont Neuf



“Ad un tratto ebbi l’impressione che tutti volessero abbandonarmi e allontanarsi da me … quando tutta Pietroburgo spiegò le ali e se ne andò improvvisamente in campagna. Fu una sensazione terribile rimanere da solo e, in preda ad un profondo sconforto, vagai tre giorni interi per la città, senza capire minimamente cosa mi succedesse.”

In quel momento di sommovimento giovanile tra la fine dei ’60 e l’inizio dei ’70 – chi li ricorda più per quello che sono stati? – Robert Bresson gira il suo film primaverile. Si, perché gli altri variano dall’estate, all’autunno, all’inverno.
A Parigi, sul Pont Neuf, si incontrano un pittore e una sconosciuta giovane, salvata per intervento del primo dal  salto nella Senna.
Il pittore, giovane anch’esso,  subisce,  a causa del racconto dell’amore per un uomo, il fascino della ragazza e se ne innamorerà, sperando di sfuggire alla sua condizione di eterno sognatore.
Il ragazzo sogna l’amore della ragazza che sogna l’amore dell’uomo, il quale comparendo la toglierà dalla vista e dal sogno del salvatore.
Bresson trasferisce l’azione originale, notturna, della Pietroburgo dostoveskiana in una Parigi anch’essa notturna, caotica e rumorosa sebbene apparirà un  lungo momento canoro che contribuirà ad alimentare le illusioni sentimentali dei due protagonisti. Al pittore non rimarranno che immagini e rimpianti e un nastro magnetico con la sua voce che chiama la ragazza.
Il cinema di Robert Bresson è un cinema classico, se gli si po’ appioppare questo termine, e come i classici della letteratura ha bisogno di attenzione, pazienza, va visto come lo scorrere dell’acqua di una fiumara nostrale, quando, verso l’inizio dell’estate, le acque diventano rade e senza tumulti, sapendo che il mare le accoglierà a braccia aperte.

domenica 7 ottobre 2012

Akai tenshi (Angelo rosso) Yasuzo Masumura




Akai tenshi (Angelo rosso) Yasuzo Masumura
  Tradotto dai distributori in Nuda per un pugno di eroi, è davvero un’opera semplice come sembra? A prima vista si direbbe il film di un Fred Zinneman dotato di genio non solo perché fa venire in mente  Men (vittima di un analogo tradimento e divenuto, da Uomini, il meno austero Il mio corpo ti appartiene), ma perché al di là del contenuto e della storia, ha un aspetto e una scrittura molto americani, del tutto privi di divagazioni, ellissi o digressioni di qualunque tipo.