mercoledì 3 ottobre 2012

Oh, Ringoooooo

OGGI


La trama lasciatela scorrere, quello che conta è il nome Ringo, il  TECNICOLOR - TECNISCOPE, Fernando Sancho e Bruno Nicolai alle note musicali  con alle spalle il fantasma Morricone.

martedì 2 ottobre 2012

Quentin Corbucci: The way of Itay

Quentin Tarantino Tackles Old Dixie by Way of the Old West (by Way of Italy)
All images from Everett Collection, except illustration (second from right) from Photofest.
This year, Quentin Tarantino’s Christmas present to the world is “Django Unchained,” the violent story of a slave (Jamie Foxx) on a mission to free his wife (Kerry Washington) from the plantation of the man who owns her (Leonardo DiCaprio). Tarantino’s biggest influences for the film, he says, were not movies about American slavery but the spaghetti westerns of the Italian director Sergio Corbucci. Here Tarantino explains how Corbucci’s movies — including “Django,” which lent its name to Tarantino’s title character — became the inspiration for his own spaghetti southern. (Interview by Gavin Edwards.)

Any of the Western directors who had something to say created their own version of the West: Anthony Mann created a West that had room for the characters played by Jimmy Stewart and Gary Cooper; Sam Peckinpah had his own West; so did Sergio Leone. Sergio Corbucci did, too — but his West was the most violent, surreal and pitiless landscape of any director in the history of the genre. His characters roam a brutal, sadistic West.
Corbucci’s heroes can’t really be called heroes. In another director’s western, they would be the bad guys. And as time went on, Corbucci kept de-emphasizing the role of the hero. One movie he did, “The Hellbenders,” doesn’t have anybody to root for at all. There’s bad guys and victims, and that’s it. In “Il Grande Silenzio,” he has Klaus Kinski playing a villainous bounty hunter. I’m not a big fan of Kinski, but he’s amazing in this movie — it’s definitely his best performance in a genre movie. The hero of “Il Grande Silenzio” is Jean-Louis Trintignant, playing a mute. By taking his hero’s voice away, Corbucci reduces him to nothing.
And “Il Grande Silenzio” has one of the most nihilistic endings of any western. Trintignant goes out to face the bad guys — and gets killed. The bad guys win, they murder everybody else in the town, they ride away and that’s the end of the movie. It’s shocking to this day. A movie like [Andre de Toth’s] “Day of the Outlaw,” as famous as it is for being bleak and gritty, is practically a musical in comparison to “Il Grande Silenzio.”
“Silenzio” takes place in the snow — I liked the action in the snow so much, “Django Unchained” has a big snow section in the middle of the movie.
Corbucci dealt with racism all the time; in his “Django,” the bad guys aren’t the Ku Klux Klan, but a surreal stand-in for them. They’re killing Mexicans, but it’s a secret organization where they wear red hoods — it’s all about their racism toward the Mexican people in this town. In “Navajo Joe,” the scalp hunters who are killing the Indians for their scalps are as savage as the Manson Family. It’s one of the great revenge movies of all time: Burt Reynolds as the Navajo Joe character is a one-man-tornado onslaught. The way he uses his knife and bum-rushes the villains, rough-and-tumbling through the rocks and the dirt, is magnificent. I heard he almost broke his neck doing the movie, and it looks it. Before “The Wild Bunch” was released, “Navajo Joe” was the most violent movie that ever carried a Hollywood studio logo.
As I was working on an essay about how Corbucci’s archetypes worked, I started thinking, I don’t really know if Corbucci was thinking any of these things when he was making these movies. But I know I’m thinking them now. And if I did a western, I could put them into practice. When I actually put pen to paper for the script, I thought, What will push the characters to their extremes? I thought the closest equivalent to Corbucci’s brutal landscapes would be the antebellum South. When you learn of the rules and practices of slavery, it was as violent as anything I could do — and absurd and bizarre. You can’t believe it’s happening, which is the nature of true surrealism.

l'originale è qui:

lunedì 1 ottobre 2012

Signor tenente i tedeschi

OGGI
AL CINEFORUM PEPPUCCIO TORNATORE

Questo film di Luigi Comencini che oggi il cinema italiano può solo sognarlo lo propongo perchè sto rileggendo per l'ennesima volta Horcynus Orca di Stefano D'Arrigo che gli scrittori italiani d'oggi possono, anch'essi, solo sognarlo. Il libro lo leggo pensandolo in bianco e nero come il film e se Alberto Sordi non è 'Ndria Cambria, i resti dell'esercito italiano dopo l'otto settembre coincidono.

domenica 30 settembre 2012

A distanza ravvicinata

James Foley a Taormina ( polaroid Mittiga)

giovedì 27 settembre 2012

Ward Bond e il Duca



Con John Ford non si finisce mai di imparare. Quello spolverino indossato da Ward Bond sarà portato da Terence Hill ne Il Mio nome è Nessuno.

mercoledì 26 settembre 2012

Harvest ... FINE


L’amore per Sergio Leone si intensificò irrimediabilmente dopo la visione di Giù la testa al Garden.
Prima di questo film, il regista cercò in vari modi di realizzare C’era una volta in America con viaggi inconcludenti negli States - posso dire di aver seguito passo dopo passo la gestazione di questo capolavoro del tempo perduto -le sceneggiature si susseguivano con gli sceneggiatori: la prima versione che doveva essere prodotta da Alberto Grimaldi portava il nome di Norman Mailer ed era completamente diversa e prevedeva tutt’altri attori.
Agli inizi degli anni ottanta il progetto si concretizzò, gli sceneggiatori erano quelli giusti, il nuovo produttore era ansioso di lavorare con Leone e l’attore era l’ideale per quel copione. Riuscite a immaginare quell’opera senza l’attore di Taxi Driver e Il cacciatore ?. Robert De Niro si può annoverare con tutti i diritti tra gli sceneggiatori del film senza aver preso parte alla sua stesura.
Il film arrivò nelle sale italiane in autunno. Lo vidi per tre volte all’Aurora di Gianni Parlagreco, lui conosceva la mia idolatria per Leone, e dopo lo rividi ancora per tre volte in altre sale. Misurando la sua durata posso dire di aver speso una giornata di ventiquatt’ore per la sua visione.
Il cinema era morto e sepolto e C’era una volta in America il suo necrologio.
Nel luglio del 1985, a Taormina il sogno diverrà realtà: una sera al Tout va, su segnalazione di Carlo Fichera, proprietario con i fratelli del locale, dove mi recavo con Adolfo per delle video proiezioni, potei incontrare Sergio Leone. Emozionato, come davanti al Messia, al momento di lasciare il locale, vi era giunto con la famiglia; avvicinandomi, gli sussurrai “Maestro!” e lui con un leggero schiaffo sulla guancia destra mi impresse il sacramento della cresima che ancora non avevo avuto, con buona pace dello zio Ernesto, dicendomi: “ come va caro ?”.
La sera successiva, al Teatro Greco, l’emozione si rinnovò: sempre per Carlo Fichera, riuscii ad avere il pass di fotografo e stando sotto il palco potei avvicinare, la prima di una serie di volte, maestro Morricone, dove assieme a Leone, Tonino Delli Colli e Carlo Simi, doveva ritirare il Nastro d’Argento per quel capolavoro.
Ci saranno ancora molti film da vedere, non più nella prima fila, al centro della sala.
Accanto alla persona amata ero un’altro, che stava per diventare un altro ancora, diverso dal bambino che entrava al cinema Loreto come per andare in chiesa, pieno di aspettative  su quanto avrebbe visto sullo schermo e uscendone, correva per le vie del paese per giocare al film visto.
Il cinema era l’immaterialità, era l’anima, l’amore e chi lo innescava mi hanno catapultato nella materialità della terra. Amore è la terra. Quella vaghezza delle immagini mosse che creava spiriti non esisteva più, oggi è ora, dove non esistono anime e non ne esisteranno. Domani saremo niente e niente rimarrà di noi, peggio, perché chiusi in una cassa di zinco non potremo scomporci, anche per l’immane ingestione di sostanze conservanti contenute nei cibi preconfezionati, e ritornare nuovi, come il film che arrivato alla fine, viene riportato, dal proiezionista, all’inizio di una nuova proiezione.
E’ stato bello sognare di sognare il sogno di Noodles.
Non ho smesso di andare  a letto presto.

“Di notte gli anni tornano e si mettono
appollaiati attorno al mio letto
Walker Percy L’uomo che andava al cinena

martedì 25 settembre 2012

Totò revival

OGGI

Negli anni '70 sbocciò il revival di Totò, riapparvero molte pellicole disseminate qui e la nei cinema, a volte da sole, a volte accoppiate ad altri film di tutt'altro genere 47 morto che parla lo vidi al Metropol di via Garibaldi con lo zio Peppino, fu lui che mi trasmise la passione  per i film del comico napoletano, ma ne vidi anche all'Orfeo di via Nino Bixio, accoppiati a western all'italiana o a film bondiani ed infine al Don Orione, dove facevo la maschera, accanto a Fabris, Catalfamo e Margareci in cabina di proiezione. Quei film erano la gioia dei piccoli che diventati adulti non li scordarono.