MUSSOLINI
giunse alle undici del mattino e visitò tutte le aule, tutti i reparti della
grande scuola di cinematografia: vi si stava recitando una scena del fu Mattia
pascal o vi si stavano facendo delle prove di voce e controllandone
l'impressione; o disegnando un bozzetto di camera da pranzo, o sceneggiando un
brano di Goldoni. Egli s'interessò di tutto, vivamente, cordialmente. Udita recitare
la nostra Beghi, ad esempio, le chiese come si chiamasse, e più tardi ne
domandò notizie al Direttore; nel teatro di posa chiamò a sé, amichevolmente,
Blasetti che dirigeva la scena; si occupò in dettaglio dei metodi di
recitazione, dell'importanza della sceneggiatura, di tutto. La giornata,
dapprima nebbiosa, si era fatta bellissima, e l'attività nelle diverse sezioni
della scuola ne metteva in
evidenza i grandi mezzi, con i quali le è commesso il dovere di preparare il
cinema italiano di domani; e insomma, diremo senza indugio, apriva i cuori alla
speranza d'un avvenire migliore. Un paio di
giorni prima il Direttore del «Centro», nel suo lucido studio in Settecento
nuovo, ci aveva parlato della scuola, del modo in cui sono divisi gli
insegnamenti, del lungo e preciso studio che precede l'adozione di determinati
criteri; ed anche più persuasiva era riuscita una visita ai locali, con la loro
attrezzatura e la loro comodità, la loro chiara pulizia e insomma la voglia di
lavorare che essi mettevano. Il lettore non deve ingannarsi sulla portata della
scuola: essa è veramente una cosa in grandissime proporzioni. Non a caso
abbiamo sentito di doverne fare oggetto almeno d'un articolo di fondo in questa
che a ragione o a torto è ritenuta la più autorevole rivista italiana di
cinema. Da questo Centro Sperimentale di Cinematografia bisogna che nascano
molte cose. Il concetto
medesimo di attività cinematografica deve mutare in Italia. Le «buone famiglie»,
poniamo, non debbono aver paura a lasciare che le loro figlie studino per
cercare di fare del cinema. Questa
scuola dovrebbe avere una popolazione studentesca, diciamo, del genere di
quella dei Regi Conservatori: con un senso di collettività e familiarità nel
lavoro, e di entusiasmo addirittura fissato, maniaco. Non a caso nella sua
relazione sul cinema in Italia, Alessandro Pavolini ha alluso ai giovani e al
loro sentimento «intransigente». Noi lo vediamo ogni giorno. Ad una redazione
di rivista cinematografica del genere di questa, giungono lettere che rivelano
una serietà ed una passione così cocciute e particolari, che alle volte si
stenta a credere ai propri occhi. Non ingannatevi, non è la passione di chi
chiede l'indirizzo di Greta Garbo o il vero nome di Robert Taylor. Né è
soltanto quella di chi manda un paio di fotografie e chiede come si possa
venire assunti a Cinecittà. È invece un atteggiamento ragionato, meticoloso, che
mette noi stessi in guardia perché ci accorgiamo di essere letti, scrutati sino
all'ultima sillaba. Tutto questo è molto importante,
perché è da tale magnifica e disinteressata pignoleria che possono nascere
grandi cose. Il ministro Pavolini, il quale, scrittore egli stesso e uomo di
gusto, indubbiamente deve avere una
sensazione personale e definita di che cosa sia l'amore per un'arte, ha
indicato i primi difetti che generano decadenza nel cinema: l'affarismo, il
cattivo gusto, la corruzione borghese. In fondo sono
tutti e tre legati fra loro, sono cugini: formano quel complesso di
incompetenza e di imbroglio, di materiale avidità e di bassezza del costume, i
quali in ogni ora vanno denunciati severamente. E poi fra
l'altro non bisogna dimenticare neppure in questo campo, anzi, meno che mai in
questo campo, che la storia d'Europa attraversa un momento alquanto serio. Dare
il giusto posto al film di ricreazione
va molto bene; e se in questo periodo, in cui la produzione in certi Paesi è scarsa,
tali opere si esporteranno su larga scala, andrà magnificamente bene; ma
d'altro canto, l'opportunità di
produrre cose serie e non meno esportabili, che esprimano per mezzo della più
popolare fra le arti una loro alta parola nella gravità del momento, è, da un
punto di vista morale oltre che economico,
altrettanto magnificamente chiaro. I giornali
hanno riportato per esteso la cronaca e i discorsi. Diremo che Mussolini, che
aveva seguito il rapporto di Pavolini con una partecipazione continua, brevi
cenni, significative espressioni, alla fine gli disse a voce bassa: «Avete
fatto un bellissimo discorso». Poi pronunciò le sue brevi frasi. La scuola,
nella sua nuova sede, era solennemente inaugurata; la grande prova del nuovo «Centro»
incominciava. Tanto che
quella mattina, mentre il Direttore Chiarini, circondato dalle autorità, aveva
l'onore di accompagnare intorno il Capo del Governo e indicargli le varie parti
del Centro e le loro funzioni e attribuzioni,
noi pensavamo alla immensa responsabilità che questo Direttore ed i suoi
collaboratori si sono assunta, all'onere spaventosamente impegnativo che essi
hanno contratto non solo riguardo ai superiori ma riguardo a noi, spettatori e
magari uomini di cultura, a noi colto pubblico. La responsabilità di preparare
gli uomini e le donne che faranno i film italiani. La responsabilità della loro
cultura, del loro stile, dell'educazione del loro gusto, della loro
specifica preparazione tecnica. La responsabilità del renderli degni di
rappresentarci nel mezzo artistico più popolare e diffuso; e quando dico
rappresentarci dico rappresentare l'Italia, la sua
realtà, la sua storia, la sua educazione, il livello altamente impegnativo del
suo gusto, mostrato e stavamo per dire compromesso da alcuni memorandi primati
in altre arti più antiche ed illustri. In altri
termini, adesso, dopo il fervore dell'inaugurazione, adesso viene il bello. E
una scuola di cinematografo nella quale tanti mezzi governativi siano stati
profusi e che goda di sanzioni tanto alte ed autorevoli,
è un fatto che di generale diviene in certo modo personale: cioè impegna tutti
noi e quindi ciascuno di noi. Ci impegna a seguirla con vivo interesse nello
sviluppo delle sue attività, ci impegna a farne oggetto della nostra
particolare attenzione, della nostra solidarietà, delle nostre pretese. P. M. PASINETTI
CINEMA quindicinale di divulgazione cinematografica ANNO V – 25 gennaio 1940 XVIII