“Our idea of New York was based on movies like Once Upon A Time In America, which we were obsessed with,” explains MacGowan. “We borrowed a lot from the soundtrack of that film.
“We were listening to so much other stuff. We were watching for example, the movie Once Upon a Time in America. It was a great band favourite and it had, as with most Sergio Leone movies, a great soundtrack by Ennio Morricone.
“There were elements of that music that we felt we wanted to explore and it influenced the beginning, the ballad part of Fairytale of New York, the sort of crooner section.
“What we essentially did was we wrote a sort of drunk version of an Ennio Morricone thing.”
“We used to watch Once Upon A Time In America on a loop when we were on tour. That must have had some kind of effect somewhere.
Nel 1992 il regista bagherese Peppuccio Tornatore tenne una serie di lezioni presso la Facoltà di Magistero dell’Università di Palermo. Nella primavera di quell’anno il tema della lezione era il rapporto tra cinema e musica e relatore fu il Maestro Ennio Morricone introdotto dallo stesso regista. Conoscendo la mia ossessione per il cinema di Sergio Leone e la musica di Ennio Morricone il regista mi aveva già da tempo promesso di presentarmi al Maestro. Così, in compagnia di Valerio Vella, andai a Palermo per soddisfare quella promessa. Al termine della lunga ed esauriente lezione, dovendo il Maestro rientrare a Roma, il fratello del regista, Francesco, ci invitò a tenergli compagnia nella sua Fiat uno, per accompagnare il compositore all’aeroporto palermitano. Lungo il tragitto il Maestro ci svelò la sua cortesia e cordialità con uno strascico della lezione fatta questa volta a due che conoscevano bene le sue composizioni, dapprima per averle accostate ai film durante le proiezioni e di poi su supporti vinilici. All’incontro, per mia colpa, mancava Nigel Haynes (1962-2015), il più grande tra gli ammiratori del maestro e il video che state per vedere a Nigel è dedicato.
Nel 1992 il regista bagherese Peppuccio Tornatore tenne una serie di lezioni presso la Facoltà di Magistero dell’Università di Palermo. Nella primavera di quell’anno il tema della lezione era il rapporto tra cinema e musica e relatore fu il Maestro Ennio Morricone introdotto dallo stesso regista. Conoscendo la mia ossessione per il cinema di Sergio Leone e la musica di Ennio Morricone il regista mi aveva già da tempo promesso di presentarmi al Maestro. Così, in compagnia di Valerio Vella, andai a Palermo per soddisfare quella promessa. Al termine della lunga ed esauriente lezione, dovendo il Maestro rientrare a Roma, il fratello del regista, Francesco, ci invitò a tenergli compagnia nella sua Fiat uno, per accompagnare il compositore all’aeroporto palermitano. Lungo il tragitto il Maestro ci svelò la sua cortesia e cordialità con uno strascico della lezione fatta questa volta a due che conoscevano bene le sue composizioni, dapprima per averle accostate ai film durante le proiezioni e di poi su supporti vinilici. All’incontro, per mia colpa, mancava Nigel Haynes (1962-2015), il più grande tra gli ammiratori del maestro e il video che state per vedere a Nigel è dedicato.
Il silenzio di Pier Paolo era particolare, bizzarro. Popolato di ritmi
segreti, racconti di vita, vita, vita. Che invadevano il suo corpo immobile e
mai fermo.
Vivere con lui, nel suo silenzio, significava vivere di attese, di
meravigliose rivelazioni che lampeggiavano sugli occhiali neri e sulle sottili
labbra serrate, quali certi spaghetti alla panna o una mano affondala nella
tasca dei pantaloni o un piede di bimbo che scalcia le conchiglie e le ributta
in mare o le rondini stupide che mulinellano dentro e fuori i merli della torre
di Chia. E ogni attesa, ogni rivelazione suonava una musica ben precisa, mai casuale.
Quella musica e non quell’altra.
Direi quasi che il suo vivere in silenzio altro non era se non una
necessità, per non perdere nessuna nota nessun violino nessun flauto magari
nascosti dietro ad un camion, in un prato in mezzo alle pecore o davanti ad una
scrivania pulita con mucchi di bella corta bianca da riempire o nella macchina
ferma davanti ad un passaggio a livello.
La musica lo intimoriva, lo possedeva completamente. Spesso la chiamava
"Sua Maestà!”.
E perché tutto fosse musica, ero riuscito o convincere Mozart e anche
Bach che Amado mio era una bellissima
canzone e anche Con ventiquattromila baci
e anche, e anche...
Lauro Betti
Nota allegata all’album GM del 1983 Morricone – La musica nel cinema
di Pasolini
1989. Maestro Morricone arrived in Palermo with Giuseppe Tornatore to give a lecture on the connections between music and cinema. In the opening the Maeatro read a text addressed to him by Pier Paolo Pasolini.
In una cornice poco dignitosa, senza alcuna gratitudine, da oscuro Medio Oriente, chiamato a Reggio in occasione dei festeggiamenti in onore della Madonna della Consolazione sul finire degli anni novanta del secolo passato, tra suoni assordanti di clacson e venditori di calia il Maestro è riuscito a trascendere in paradiso con questa esecuzione della Roma Sinfonietta da lui stessa diretta di The Mission. Unici attenti spettatori noi venuti direttamente da oltre Stretto con un Nigel (mai abbastanza compianto) commosso fino alle lacrime e Valerio che registrava l'evento. Interrogato anni dopo su quella serata il Maestro si dimostrava ancora turbato per non dire irritato.
“Hearing, ye shall hear
and not understand, seeing, shall see and not perceive for the people’s heart
is waxed gross and their hears are dull of hearing and their eyes they have
closed lest they should see with their eyes and hears with their ears”.
“Voi udrete con le orecchie ma non intenderete e vedrete con gli occhi
ma non comprenderete, poiché il cuore di questo popolo si è fatto insensibile e
hanno indurito le orecchie e hanno chiuso gli occhi per non vedere con gli
occhi e per non sentire con le orecchie”.
Pier Paolo Pasolini, Il Vangelo secondo Matteo, 1964
"Il silenzio di Pier Paolo era particolare, bizzarro. Popolato di ritmi
segreti, racconti di vita, vita, vita. Che invadevano il suo corpo immobile e
mai fermo.
Vivere con lui, nel suo silenzio, significava vivere di attese, di
meravigliose rivelazioni che lampeggiavano sugli occhiali neri e sulle sottili
labbra serrate, quali certi spaghetti alla panna o una mano affondala nella
tasca dei pantaloni o un piede di bimbo che scalcia le conchiglie e le ributta
in mare o le rondini stupide che mulinellano dentro e fuori i merli della torre
di Chia. E ogni attesa, ogni rivelazione suonava una musica ben precisa, mai casuale.
Quella musica e non quell altra.
Direi quasi che il suo vivere in silenzio altro non era se non una
necessità, per non perdere nessuna nota nessun violino nessun flauto magari
nascosti dietro ad un camion, in un prato in mezzo alle pecore o davanti ad una
scrivania pulita con mucchi di bella corta bianca da riempire o nella macchina
ferma davanti ad un passaggio a livello.
Lo musico lo intimoriva, lo possedeva completamente. Spesso la chiamava
"Sua Maestà!”.
E perché tutto fosse musica, ero riuscito o convincere Mozort e anche
Bach che Amado mio ero una bellissima
canzone e anche Con ventiquattromila baci e anche, e anche..."
Laura Betti Nota allegata all’album GM del 1983 Morricone – La musica nel cinema
di Pasolini
La musica di un film può anche essere pensata prima che il film venga
girato (cosi come se ne pensano i volti dei personaggi, le inquadrature, certi
attacchi di montaggio ecc.): ma è solo nel momento in cui viene materialmente
applicata alla pellicola, che esso nasce in quanto musico del film. Perché?
Perché l'incontro e l'eventuale amalgama fra musica e immagine ha caratteri
essenzialmente poetici, cioè empirici.
Ho detto che la musica si “applica” al film: è vero, in moviola l'operazione
che si compie è questa. Ma l'“applicazione” può essere fatta in vari modi,
secondo varie funzioni.
Lo funzione principale è generalmente quella di rendere esplicito, chiaro,
fisicamente presente il tema o il filo conduttore del film. Questo tema o filo
conduttore può essere di tipo concettuale o di tipo sentimentale. Ma per la
musica ciò è indifferente: e un motivo musicale ha la stessa forza patetica sia
applicata a un tema concettuale che o un tema sentimentale. Anzi, la sua vera
funzione è forse quella di concettualizzare i sentimenti (sintetizzandoli in un
motivo) e di sentimentalizzare i concetti. La sua è quindi una funzione ambigua
(che solo nell‘atto concreto si rivela, e viene decisa): tale ambiguità
funzione della musica è dovuta al fatto che essa è didascalica e emotiva
contemporaneamente.
Ciò che essa aggiunge alle immagini, o meglio, la trasformazione che
esso opera sulle immagini, resta un fatto misterioso, e difficilmente definibile.
Io posso dire empiricamente che ci sono due modi per “applicare” la musica
alla sequenza visivo, e quindi di darle “altri” valori.
C'è “un’applicazione orizzontale e un’applicazione verticale.
L’applicazione orizzontale si ha in superficie, lungo le
immagini che scorrono: è dunque uno linearità e una successività che si applica
a un'altra linearità e successività. In
questo caso i “valori” aggiunti sono valori ritmici e danno un'evidenza nuova,
incalcolabile, stranamente espressiva, ai valori ritmici muti delle immagini
montate.
L’applicazione verticale (che tecnicamente avviene allo
stesso modo), pur seguendo anch'essa, secondo linearità e successività, le
immagini, in realtà ha la suo fonte altrove che nel principio: esso ho lo suo
fonte nella profondità. Quindi più che sul ritmo viene od agire sul senso stesso.
I valori che essa aggiunge ai valori ritmici del montaggio
sono in realtà indefinibili, perché essi trascendono il cinema, e riconducono
il cinema alla realtà, dove lo fonte dei suoni ha appunto una profondità reale,
e non illusoria come nello schermo. In altre parole: le immagini
cinematografiche, riprese dalla realtà, e dunque identiche alla realtà, nel
momento in cui vengono impresse su pellicola e proiettate su uno schermo, perdono
la profondità reale, e ne assumono una illusoria, analoga a quella che in
pittura si chiama prospettiva, benché infinitamente più perfetta.
Il cinema è piatto, e lo profondità in cui si perde, per
esempio, una strada verso l'orizzonte, è illusoria. Più poetico è il film, più
questa illusione è perfetta. La suo poesia consiste nel dare allo spettatore
l'impressione di essere dentro le cose, in uno profondità reale e non piatta (cioè
illusoria). Lo fonte musicale - che non è individuabile sullo schermo - e nasce
da un “altrove" fisico per suo natura “profondo” ~ sfonda le immagini
piatte, o illusoriamente profonde, dello schermo, aprendole sulle profondità
confuse e senza confini della
vita.
Pier Paolo Pasolini
Nota allegata all’album GM del 1983 Morricone – La musica nel cinema
di Pasolini
Capita, a volte, di scoprire delle pregevoli reinterpretazioni di brani del Maestro che, accostati all'originale, rivelano zone che dopo frequenti ascolti erano sfuggiti. E' il caso di questo Matto, caldo, soldi, morto...girotondo incluso nelle immagini del film di Mauro Severino del 1968 che solcava i temi della contestazione di quegli anni.
Il ritmo è un motorik su cui mulinano saliscendi
orchestrali, scampanellii orgiastici e un basso tachicardico che pure è l’unico
appiglio che impedisce al brano di schizzare in aria, preso com’è da questo
vortice a spirale dalle circonferenze variabili e, man mano che passano i
minuti, sempre più fuori asse. … l’effetto è sul serio un capogiro dapprima
divertito e poi irreale, non si sa bene quanto opprimente o dionisiaco
Valerio Mattioli,Superonda Storia segreta della musica italiana ,Baldini & Castoldi 2016
“Our idea of New York was based on movies like Once Upon A
Time In America, which we were obsessed with,” explains MacGowan. “We borrowed
a lot from the soundtrack of that film.
“We were listening to so much other stuff. We
were watching for example, the movie Once Upon a Time in America. It was a
great band favourite and it had, as with most Sergio Leone movies, a great
soundtrack by Ennio Morricone.
“There were elements of that music
that we felt we wanted to explore and it influenced the beginning, the ballad
part of Fairytale of
New York, the sort of
crooner section.
“What we essentially did was we wrote a
sort of drunk version of an Ennio Morricone thing.”
“We used to watch Once Upon A Time In America on a loop when we were on tour. That must have had some kind of effect somewhere.
Il compositore nel cinema fa un servizio. Non scrive la musica per se stesso. Certamente non è libero e vi ho dimostrato come ritrova la sua libertà. Ma non è libero nemmeno il regista. Voi credete che il regista sia libero? Assolutamente. Il cinema non è libero. Quando parlavo del cinema sperimentale dicevo che questo è fatto di immagini astratte, non c`è nemmeno la faccia di un attore. E non è certamente quello che noi vediamo. Se noi parliamo del cinema quindi parliamo sempre del cinema condizionato dal pubblico, dal racconto, dalla storia, da tutte cose che entrano nel cinema e che non hanno nulla a che fare col cinema.