martedì 30 marzo 2021

Basilicata, IT


Scritto da Piergiorgio Scuteri e Novella Spanò
Regia: Piergiorgio Scuteri

sabato 27 marzo 2021

On The Road with Maestro Morricone

Nel 1992 il regista bagherese Peppuccio Tornatore tenne una serie di lezioni presso la Facoltà di Magistero dell’Università di Palermo. Nella primavera di quell’anno il tema della lezione era il rapporto tra cinema e musica e relatore fu il Maestro Ennio Morricone introdotto dallo stesso regista. Conoscendo la mia ossessione per il cinema di Sergio Leone e la musica di Ennio Morricone il regista mi aveva già da tempo promesso di presentarmi al Maestro. Così, in compagnia di Valerio Vella, andai a Palermo per soddisfare quella promessa. Al termine della lunga ed esauriente lezione, dovendo il Maestro rientrare a Roma, il fratello del regista, Francesco, ci invitò a tenergli compagnia nella sua Fiat uno, per accompagnare il compositore all’aeroporto palermitano. Lungo il tragitto il Maestro ci svelò la sua cortesia e cordialità con uno strascico della lezione fatta questa volta a due che conoscevano bene le sue composizioni, dapprima per averle accostate ai film durante le proiezioni e di poi su supporti vinilici.
All’incontro, per mia colpa, mancava Nigel Haynes (1962-2015), il più grande tra gli ammiratori del maestro e il video che state per vedere a Nigel è dedicato.
 

giovedì 25 marzo 2021

Yesterday CINE PELORO

I razziatori (The Marauders)
 Gerald Mayer, 1955 

Il re dei barbari (Sign of the Pagan) 
Douglas Sirk, 1954


Lo sceriffo senza pistola (The Boy from Oklahoma
 Michael Curtiz, 1954

L'ombra
Giorgio Bianchi, 1954

Siluri umani 
 Antonio Leonviola, 1954

 

martedì 23 marzo 2021

Le Temps retrouvé


Text & voice: Alessandro Notarstefano
 

domenica 21 marzo 2021

Neoliberalism in Africa

The staging of a trial of global institutions in Bamako dramatizes the possible universalization of an ethic of precarity.*





*https://www.euppublishing.com/

Abderrahmane SissakoBAMAKO, 2006

 

venerdì 19 marzo 2021

Regista che malamente si potrebbe definire solo un artista


Un film come I dannati di Anatole Litvak fa venire a mente una figura complessa di regista che malamente si potrebbe definire solo un artista. E come un documentario bruto, colto sul vivo, in cui per un rarissimo caso la realtà abbia fornito un materiale già scelto e legato da una logica. Insomma, è un film che raramente fa venire a mente il teatro. Nello spettacolo teatrale, noi siamo tratti spesso a compiacerci della finzione, del simbolismo del dramma, della scelta che fa l’attore tra i cento modi possibili di atteggiarsi. I dannati non ha un solo momento per ripiegarsi sulla estetica del film che fa versare fiumi di inchiostro ai teorici, e nessuna velleità poetica. Di pretesti poetici manca quasi sempre il film americano, a meno che non sia opera di ingegni d'origine e di formazione europea. Questo atteggiamento nel teatro, nel giornalismo, nelle arti in genere e sovrattutto nel film, va dominando il gusto europeo, dando alla letteratura e alla stessa funzione dello scrittore e dell’artista, un'impronta diversa da quella tradizionale, al punto che personalità e individualità cedono il posto al concetto di merce artistica utile e utilizzabile, una delle tante merci di consumo. Non è l`aspetto più trascurabile d`un modo d'essere moderni.
I dannati implica un ingegno artistico di questo genere, in una realizzazione delle più istruttive e importanti. Di quanto un europeo sarebbe tratto a caratterizzare, di tanto il regista si limita a una scelta di tipi comuni; di quanto si sarebbe tratti a isolare episodi, situazioni, paesaggi, atteggiamenti, di tanto egli li accumula con indifferenza apparente l`uno sull'altro, e spesso con una ricchezza che si compiace di andare dimessa e inosservata. Se mai si pensa all`autore, nel corso della proiezione, vien fatto di pensarlo come un tipo di nuovo genere, una specie di impresario, ingegnere, organizzatore. Non ci era ancora capitato di vedere la guerra rappresentata con tanta evidenza, così sporca, così confusa, con tanta umiliazione di uomini e distruzione di beni, con tanta vita rivoltata e pestata e stritolata nel mortaio della rovina di tutto. Il regista aveva a disposizione lo scenario autentico, e in gran parte rimasto intatto, dei paesi tedeschi distrutti dai bombardamenti. Ma ha saputo animare tutto questo dando quel senso di rovina interminabile, di inestricabile tragedia, di angosciosa perennità, di ferita mai chiusa, di confusione di bene e di male e di diritto e di torto che a un certo punto assume la guerra.
CORRADO ALVARO«Il Mondo», 19 aprile 1952

mercoledì 17 marzo 2021

Hot Polaroid in Taormina

Robert Rodriguez & Francesco Calogero

Atom Egoyan

Atom Egoyan & wife Arsinée Khanjian

Mike Leigh

 

lunedì 15 marzo 2021

Vu par Bonnaffé

Clockwork Orange, 1971

Die dritte Generation, 1973

A Streetcar Named Desire, 1951

IL GRIDO,1957

CHIEDO ASILO, 1973

CITIZEN KANE, 1941

 

sabato 13 marzo 2021

Duty as on Artist

In Kalpana , Uday Shankar usa queste dissonanze in modo consapevole e coerente in modo che diventino parte del suo stile cinematografico. Satyajit Ray


I request you all to be very alert while you watch this unusual picture - a Fantasy.
Some of the events depicted here will reel off at great speed and if you miss any piece you will really be missing a vital aspect of our country’s life in its Religion, Politics, Education, Society, Art and Culture, Agriculture and Industry.
I do not deliberately aim my criticism at any particular group of people or institutions, but if it appears so, it just happens to be so, that is all.
Il is my duty as on Artist to be fully alive to all conditions of life and thought relating to our country and present it truthfully with all the faults and merits, through the medium of my Art.
And I hope that you will be with me in our final purpose to rectify our own shortcomings and become worthy of our cultural heritage and make our motherland once again the greatest in the world.

Vi chiedo di seguire attentamente lo svolgersi di questo insolito film – una Fantasia.
Alcuni eventi vengono mostrati, si svolgono ad alta velocità e se si dovesse perdere qualche pezzo (fotogramma?), si perderebbe un aspetto vitale della vita del nostro paese riguardante la Religione, la Politica, la Società, l’Arte e la Cultura, l’Agricoltura e l’Industria.
Non ho diretto una critica specifica ad un dato gruppo di persone o istituzioni, ma se ciò dovesse manifestarsi, è perché è così, punto.
È mio dovere di Artista essere reattivo ad ogni condizione di vita e di pensiero in relazione al nostro Paese presentandolo in modo veritiero con tutti i difetti ed i meriti attraverso la mia Arte.
E spero che mi accompagnerete nel comune obiettivo finale di rettificare le nostre stesse mancanze (i nostri limiti?) diventando degni del nostro patrimonio culturale e facendo diventare la nostra patria di nuovo la più grande del mondo.
UDAY SHANKAR, Kalpana, 1948

mercoledì 10 marzo 2021

Oggi al Cinema Apollo - Con successo di critica e di pubblico


Due notti con Cleopatra
Mario Mattoli, 1953

Gli amanti di mezzanotte (Les Amants de minuit)

Il piccolo fuggitivo (Little Figitive)
Ray Ashley, Morris Engel e Ruth Orkin, 1953

Cento anni d'amore
Lionello De Felice, 1953

 

martedì 9 marzo 2021

China 9, Liberty 37

 


Sam Peckimpah, Sergio Leone, Monte Hellman, Giuseppe Rotunno, Jenny Agutter, Fabio Testi
China 9Liberty 37 (1978), Amore, piombo e furore (original title)


 

lunedì 8 marzo 2021

Blasetti sa sempre quello che deve dire




  “PECCATO CHE SIA UNA CANAGLIA”

Per giungere a Piazza dei Mercanti a Trastevere bisogna passare il Ponte Sublicio, fare un pezzo del Lungotevere Ripa davanti a quell’imponente decrepito casamento che è l'Ospizio di S. Michele, poi addentrarsi tra le case. E' una piazzetta modesta, non molto pittoresca, con l’aria paesana, quasi non sembra Roma, e per essere a Trastevere è molto tranquilla. Blasetti l’ha scelta per girarci alcune scene del suo Peccato che sia una canaglia.
Nonostante il lavoro degli operai e i riflettori accesi non v'è l’atmosfera di un avvenimento inconsueto; con quell'aria di confidenza che s'è ormai stabilita tra il cinema e gli abitanti di Roma le cose vanno tranquille con un aspetto quasi normale. Blasetti ha preso uno stanzone e l’ha trasformato in bar e latteria con annesso negozio di panettiere; avrebbe potuto rifarlo in teatro, ma in questo caso avrebbe dovuto ricostruire anche lo piazza che serviva da sfondo: perciò ha preferito metterlo qui. Ci sta così bene che quasi, finite le riprese, lo si potrebbe lasciare lì. Nella casa di fronte la stanza d'ingresso serve per il trucco, e la vicina camera da letto – sempre a pianterreno - serve da camerino per Sofia Loren. Seduto su un divano. Anzi deve essere una semplice rete metallica coperta da un copriletto, Blasetti parla del film. Non occorrono molte domande, perché Blasetti sa sempre quello che deve dire, e non ci rinuncia. Anzi se gli si fa una domanda che non gli interessa, ad esempio perché proprio lui che tra i primissimi in Italia ha usato la pellicola a colori non abbia mai fatto un film o colori, taglia corto dicendo che non ha mai trovato un soggetto che lo richiedesse, e riprende il discorso che gli sta a cuore.
«Questo film comincia con gli stessi auspici di Quattro passi tra le nuvole. In quel tempo dovevo fare la Francesca da Rimini ...» e Blasetti comincia a raccontare come gli è capitato di fare questo film.
Quella volta il film su Francesca da Rimini se ne andò in fumo, e poiché era ormai impegnato da un contratto con la casa produttrice fece un film " di ripiego “, di facile realizzazione, che avrebbe potuto liberarlo rapidamente degli obblighi con il produttore. Ne uscì invece Quattro passi tra le nuvole. Questa volta il film, che si sarebbe dovuto fare era niente meno che La figlia di Jorio: firmato il contratto con la Documento film nel '53 aveva cominciato Io studio della tragedia dannunziana assieme a Corrado Alvaro e a Suso Cecchi d'Amico. Fin dall'inizio si profilarono le difficoltà e apparve impossibile approntare il film per l’epoca della mietitura, indispensabile per gran parte delle scene. D'altra parte non si può neppur dire che il soggetto fosse del tutto gradito al regista; più volte egli aveva rinunciato e realizzarlo fino e che alcune idee non avevano consentito di impostare un certo trattamento. «Approfondendo il lavoro- dice Blasetti - risultava chiara l’enorme distanza tra l’opera dannunziana e una sua realizzazione moderna: D'Annunzio l’ha concepita per la lettura e per la scena, io avrei dovuto renderla in immagini. Perciò i problemi erano molto gravi. Certo era un onore per me trasporre in film l’opera di un poeta come D'Annunzio; ma di fronte alle difficoltà forse insormontabili, comunque sicuramente insormontabili prima dell’epoca richiesta, convenimmo di rinviare il film - per me l'ho abbandonato del tutto – e di farne uno di rapida realizzazione per soddisfare gli obblighi del contratto. Tra i soggetti che avevamo letti e che erano apparsi interessanti c’era questa novella di Moravia, che avevamo letto quando dovevo fare Tempi nostri. Anzi era stata scelta in un primo tempo e poi sostituita con "Il Pupo". La sceneggiai insieme a Susa Cecchi d'Amico, Flaiano e Continenza».
La storia narrata dal film, dopo le rielaborazioni degli sceneggiatori, è press’a poco questa: una ragazza e due giovinastri conducono un giovane tassista nella pineta di Lavinio e tentano di rubargli la macchina. Non vi riescono ed abbandonano la partita mentre il giovane riporta la ragazza in macchina a Roma; ma appena è costretto a fermarsi ad un semaforo la ragazza taglia la corda e scompare. Il tassista si mette alla ricerca della ladra, la trova, ma disgraziatamente se ne innamora. Il padre della ragazza, un certo Stoppiani, è pure di professione ladro: usa il sistema della falsa valigia con lo scatto a molla con la quale ruba le valigie alla stazione. Ma non le ruba tutte: ruba solo quelle di persone antipatiche, secondo talune preferenze e taluni concetti quasi umanitari; in profondo contrasto con lo stile della figlia che è volgare e poco romantica. Le avventure dei due ladri e del tassista terminano naturalmente nel modo migliore e prevedile, vale a dire con il matrimonio dei due giovani, mentre il ladro padre—che è Vittorio De Sica-finisce i suoi giorni custode di non so più che cosa. Con questa umoristica interpretazione della legge del taglione il bene ha così piena ragione del male.
Poiché Blasetti, e ci tiene egli stesso ad affermarlo, ha voluto fare con i suoi film, di qualsiasi tipo fossero, commedie o drammatici, storici o dei nostri giorni, un certo discorso moralistico a cui tiene particolarmente. Naturalmente ora con un tono ora con un altro; quale sia il tono di quest’ultimo film appare evidente.
«Quello di Quattro passi tra le nuvole e di Prima comunione. Qualcosa di mezzo tra i due. E che cosa vuol dire questo film? Come quei due film non si può dire che avessero un messaggio, cosi neppure questo ce l’ha. Ma una certa sostanza c'è l’innato bisogno, l’inconscio bisogno, di pulizia morale e di calore familiare che si vien sempre più manifestando nella condizione umana attuale inaridita e abbrutita dalla guerra. Presenta, esasperata, la degenerazione morale, l’incoscienza di questa degenerazione di cui si deve far debito alla guerra. E ne presenta, nello stesso tempo il tramonto, il fatto che stia passando di moda. Certe amoralità, certi cinismi sfrontati, certe ostentate abulie che risultano naturale portato della guerra, delle sue distruzioni e miserie, stanno “passando di moda”. Mettilo tra virgolette “passando di moda”, mi dice Blasetti guardandomi; ed io mi affretto ad eseguire: Sta passeggiando per la piccola stanza tra il letto e il cassettone con la fronte corrugata, dice le parole ad una ad una, come se le dettasse. Se per caso tento di interromperlo con una domanda o un'obbiezione, mi fa cenno dl tacere e prosegue.
Colui che si ostina in atteggiamenti e tendenze simili ignora che le ferite della guerra in questi dieci anni sono state in gran parte sanate e non capisce che pur nella accesa condizione polemica tra i due blocchi di idee — blocchi di idee più che blocchi di popoli - lo scontro sta fatalmente preparando un’osmosi. Non faccio l’ottimista di professione, trovo però inutile e di pessimo gusto il pessimismo di professione. E sono convinto che sbaglia radicalmente sia chi pensa di poter soffocare le idee che preparano l'avvenire, sia chi pensa di poter chiudere nella tomba le millenarie conquiste dello spirito umano».
Preso dalla foga Blasetti si è un po' allontanato dal film ed ha parlato delle sue convinzioni. Come sempre lo ho fatto con il cuore in mano, con sincerità. Questo invito alla tolleranza, alla reciproca comprensione è sempre stato il tema a lui caro. E non c’è suo film, egli ama sottolineare, in cui il tema non sia stato questo,
anche quelli che sembrerebbero i più lontani, quelli storici in costume. Come tutte le persone sincere ed espansive Blasetti ama dichiarare apertamente le proprie convinzioni ad ogni occasione; cerca appena può di condensarle tutte in una frase e infilarle in mezzo Il discorso. Dice “le istanze che preparano l’avvenire", e con ciò ammette chiaramente che le attuali concezioni prevalenti dei vecchi borghesi sono superate, e dice “le millenarie conquiste dello spirito umanano", cioè vuole riaffermare la propria profonda convinzione cristiana. In Blasetti tutto è chiaro: quando parla, quando scrive, quando fa un film egli impegna tutto sé stesso, convinzioni, fede, esperienze. Le ha tutte presenti, anche se il film è una semplice commedia, destinato a dire un po' di meno di tutte queste cose importanti e serie. Cose soprattutto vere.
«Si - ammette - il film dice un po' meno. Tenute presente tutte queste cose, due ne ricordiamo: il bisogno di pulizia morale che si fa sentire nel nostro tempo, ed il desiderio di calore familiare. La vicenda viene raccontata in un clima gaio e divertente, spesso in chiave paradossale. Ciò non toglie che i personaggi siano veri, quotidiani, il paradosso non è mistificazione della realtà. Anzi dirò che per il modo come viene girato, per gli ambienti, il film potrebbe essere in una chiave genericamente neorealista».
Se questi erano gli argomenti che stavano più a cuore a Blasetti, ce n'è sempre un altro che ha il potere di suscitare tutto il suo vigore polemico: l'importanza del soggetto quale “testo" di un film e la collaborazione tra vari autori in un'opera d'afte.
Come è noto Blasetti ha a questo proposito delle idee piuttosto moderne e sganciate dalla vecchia estetica idealistica; idee cui è molto affezionato e che riafferma volentieri. La domanda che lo trascina su questo terreno è una domanda qualsiasi: come mai ha scelto come soggetto un racconto di Moravia? Anzi perché un regista che come lui dà al soggetto un’importanza cosi grande, negli ultimi tempi è ricorso così frequentemente alla letteratura, alla narrativa, piuttosto che a soggetti originali?
«A prescindere - comincia Blasetti - che il soggetto di Peccato che sia una canaglia trae solo lo spunto da Moravia, e a prescindere che è stato rifatto e reso testo valido solo nell'ulti1no quadrimestre dal lavoro degli sceneggiatori, tutti sanno che ormai da tempo l'angoscia di Blasetti è il testo.
Testo che, sia detto tra parentesi, non è proprio esattamente il soggetto quale viene per la prima volta proposto al regista. E', se non necessariamente la sceneggiatura completa e dettagliatissima di cui egli si serve nella lavorazione, quel trattamento o copione o qualsiasi altra forma si voglia, in cui tutte le prime suggestioni del soggetto sono state sviluppate e le figure hanno trovato il loro aspetto definitivo. Dove ormai i personaggi sono vivi e la vicenda quale apparirà sullo schermo.
«Tu mi parli della letteratura - mi dice.
- Sono dieci anni che sostengo che l'opera deve essere attribuita a tutti coloro che ci collaborano, e tra di essi gli autori del testo. Ora è chiaro che dando to un'importanza particolare al testo e al suo autore, scelga per i miei film testi collaudati da un’esperienza e soprattutto quelli che mi sono congeniali.
E tornando al problema della collaborazione aggiunge: «A poco a poco sceneggiatori e registi mi danno ragione. E' arte anche se non è di una sola individualità, anche se non esprime una individualità sola. Anche se portato a compimento dalle capacità creative del regista, il film si concreta di molti altri elementi essenziali cui il regista non ha affatto partecipato nei riguardi dei quali la sua attività si è limitata ad assimilarli.
Cerco di riportare il regista discorso sulla letteratura: «Il cinema ricorre sempre più di frequente alla narrativa; lei pure l'ha fatto spesso negli ultimi tempi. Come si spiega?».
«Proprio -per questo. Perché la gente del cinema e i produttori in particolar modo non si sono ancora convinti dell'importanza del testo, e quindi dei soggetti. Perciò i soggettisti sono tenuti, anche finanziariamente, su un piano più basso, i buoni soggetti sono rarissimi; il cinema italiano soffre proprio di una deficienza di soggetti
e deve per forza ricercarli nella narrativa. Ciò spiega perché questo sia il momento degli scrittori.
Rapido e deciso come sempre, Blasetti si dirige verso la porta e mi saluta. Ho appena il tempo di ringraziarlo; lui si è già rivolto a Sofia Loren che si sta truccando e le chiede: “Sei pronta?". Blasetti gira con l'orologio alla mano. L'intervista è durata esattamente mezz'ora, come mi aveva promesso: dalle otto e mezza alle nove del mattino.
RICCARDO REDI
CINEMA  quindicinale di divulgazione cinematografica Anno VII n. 10 - dicembre 1954

domenica 7 marzo 2021

Once upon a time in America in Comics








ORIENT EXPRESS, N. 25 ottobre 1984

 

giovedì 4 marzo 2021

Michelangelo Antonioni L'avventura - location









Noto, Siracusa, Italy
Screenshot from Michelangelo Antonioni's L'avventura, 1960
Photo Don Salvatore Carannante

mercoledì 3 marzo 2021

Cartoni animati - Perdizione (1942)



 Carlo Campogalliani
(1885 - 1974)
Regista

Adriano Rimoldi
(1912-1965)
Attore

Carlo Romano
(1908-1975)
Attore

Carlo Tamberlani
(1899-1980)
Attore

Dina Sassoli
(1920-2008)
Attrice

Franco Magli
Produttore

Giuseppe Coppola
Fotografo

Gustavo Farrell
Aiuto regista

Marisa Vernati
(1920-1988)
Attrice

Romolo Garroni
(1915-2006)
Operatore

Carlo Campogalliani, Perdizione, 1942 - Cartoni di Nino Za
 film SETTIMANALE DI CINEMATOGRAFO TEATRO E RADIOANNO Anno V n. 10 – 7 MARZO 1942-XX