lunedì 23 settembre 2019

The Evolution of the Western Movie from 1899 to 1954.



GRANDEZZA E DECADENZA DEI POVERI WESTERN

Da quando i film sono degni di tal nome, Hollywood rimase fedele a questa massima: che i film western, belli o brutti che siano, grandiosi o modesti, sono sempre un genere che bisogna tener d'occhio se si vuole che i conti dì cassa tornino.
Per molti, davvero molti anni, una tale massima trovò conferma nella realtà. The Great Train Robbery non fu, senza dubbio, benché molti l'affermino, il primo film a soggetto; e nemmeno fu, strettamente parlando - a meno che non si voglia dimenticare Cripple Creek Bar-Room - il primo western. Ma resta ad ogni modo certo che fu proprio questo film che stabili l'esatto valore del film western sia come contenuto (intreccio dì speciali avventure) e sia anche come rendimento di cassetta. Da allora in poi il western venne considerato un genere redditizio, attraverso le prime e tuttavia indimenticabili esibizioni dovute a Thomas Ince, con i già notevoli film di D. W. Griffith, nel periodo 1910-1914 (sono di quel periodo The Battle of Elderbu.sh Gulch e Broken Ways), soprattutto con i sorprendenti e castigati drammi selvaggi dì Wìlliam S. Hart. Con l'arrivo, nel '23, di The Covered Wagon diretto da James Cruze, un altro titolo di merito veniva ad aggiungersi a quelli già noti del film western e cioè che un tal genere poteva benissimo contribuire non soltanto all'arte cinematografica, ma, più importante ancora, alla sua industria. Nel 1924, a un anno appena di distanza da The Covered Wagon, la produzione dei western era addirittura triplicata, e da allora la definizione e le caratteristiche del western B ossia dei film western dì categoria minore, vennero accettate, a quanto ci risulta, per sempre. Una nuova, diversa più audace scuola di attori specialmente adatti a tal genere di film - Ken Maynard, Hoot Gibson ed altri - s'impose sul repertorio del tacito pioniere avventuroso impersonato da William S. Hart, ormai prossimo al ritiro, da Harry Carey, e anche da Buck Jones. Ciò accadeva nel 1924.
Trent'anni ·dopo ·assistiamo al fatale declino, dopo una gloriosa carriera del cosiddetto western B. L'ultimo di essi, Two Guns and a Badge, cessò il suo giro di programmazioni negli Stati Uniti il 12 settembre di quest'anno.
Quali furono, ci si domanda, le cause che portarono al fallimento la formula dei western di seconda categoria?
I "cicli", nella produzione dei western, sono sempre esistiti. The Covered Wagon iniziò un ciclo; un altro ciclo, assai notevole, nei primi trent' anni del nostro secolo, ebbe la massima espressione epica con The Big Trail, Cimarron e Billy the Kid. E un altro ancora, che rivelò nel 1939 i due colossi: Stagecoach e Union Pacijìc, rispettivamente di Ford e di De Mille, ebbe ai posti d'onore Jesse James e The Oldahoma Kid. I cicli sono stati tanti, ma la produzione che più ha resistito, ·sino ai giorni nostri, è stata quella dei western B, della durata dì 58 minuti. (continua)
WILLIAM K. EVERSON
CINEMA quindicinale di divulgazione cinematografica Volume XII Terza serie  Anno VII 1954 10-25 Dicembre

In alto (a sinistra) Uno dei più noti  eroi dei vecchi western: W. S. Hart - al centro della foto - con Margery Wilson e Robert McKin in The Primal Lure (1916). (a destra) Il western non ha disdegnato anche le macchiette comiche: Louise Fazenda e Charles Murray in His Hereafter

domenica 22 settembre 2019

The tragedy of life ... is that man is never free



When young, we mourn for one woman.
As we grow old, for women in general.
The tragedy of life ... is that man is never free ... yet strives for what can never be.
The thing most feared in secret ... always happens.
My life, my loves, what are they now?
But the more the pain grows ... the more this instinct for life somehow asserts itself.
The necessary beauty in life is in giving yourself to it completely.




Quando siamo giovani, siamo disperati per una donna.
Quando invecchiamo, per le donne in generale.
La tragedia della vita è che l'uomo non è mai libero, ma lotta per l'impossibile.
La cosa segretamente più temuta sempre avviene.
La mia vita, i miei amori, cosa sono ora?
Ma più il dolore cresce, più questo istinto vitale in qualche modo si fa valere.
La bellezza necessaria della vita è darsi ad essa completamente.
Solo più tardi si rivelerà e diventerà coerente.
 Richard Liklater, Slacker, 1991

mercoledì 18 settembre 2019

Detective Thriller - e venne Raymond Chandler



Il tema della compulsione ricerca di un oggetto avente carattere di feticcio si ritrova anche in High  Window, tratto da un romanzo di Raymond Chandler, con George Montgomery nella parte del «detective ›› privato Philip Marlowe, in cui il feticcio è rappresentato da un'antichissima e preziosissima moneta sottratta ai legittimi proprietari, il Doblone dei Brazsher.
Il « detective ›› privato Philip Marilowe appare anche in Farewell. My Lovely di Edward Dimytrik, con Dick Powell nella parte del protagonista, in cui il regista ricerca equivalenti visuali della prosa, in prima persona, di Chandler. Quando Marlowe riceve una botta in testa il commento letterario è « A black pool opened at my feet; I dived in ›› [« un pozzo nero si spalancò ai miei piedi, e io vi sprofondai dentro ››]. Nel film invece a questo punto lo schermo si riempie d'inchiostro.
Marlowe appare ancora in The Lady in the Lake di George Montgomery, oltre che regista interprete principale. In questo film ogni differenza tra il romanzo originale e la trascrizione cinematografica tende a scomparire. Il romanzo è narrato in prima persona da Marlowe e il lettore è rinchiuso nell'ottica del personaggio. Lo stesso effetto è quello ricercato da George Montgomery girando il film come se fosse una lunga soggettiva di Marlowe, che vediamo soltanto una volta, quando si guarda allo specchio e la volontaristica « caméra stylo › dell'attore-regista ci restituisce il riflesso della sua presenza, visibile soltanto adesso ma teoricamente presente lungo tutto il film, durante le bizzarre peregrinazioni della macchina da presa. Secondo il progetto di Montgomery lo spettatore dovrebbe identificarsi completamente con Marlowe. Ma invece di aumentare il senso di partecipazione dello spettatore il ricorso a continue soggettive sortisce un effetto grossolanamente straniante.
Dal che si e ben guardato Alfred Hitchcock, che pure mira al massimo coinvolgimento e a fare dell'autentica direzione di spettatori, evitando prudentemente un uso così insolente e indiscreto delle soggettive. Quando nel film di Montgomery si vedono gli altri personaggi fissarci dallo schermo la nostra reazione è disastrosa: ci rendiamo subito conto che chiunque noi siamo non siamo certo Marlowe/Montgomery. Quando un personaggio dà un pugno in faccia a Marlowe la macchina da presa accusa il colpo, quando un altro punta minacciosamente contro di noi, si vede un pugno, teoricamente il nostro, sollevarsi dal fondo dello schermo per andarsi ad appiattire contro il naso di un faccione in primo piano. Insomma, The Lady in the Lake costituisce il più grosso fallimento del tentativo di applicazione al linguaggio cinematografico della tecnica letteraria d'affabulazione in prima persona e si pone come la più esemplare dimostrazione che le qualità maggiori del cinema americano vanno ricercate nell’accettazione delle costrizioni esistenti in seno al suo statuto formale [caratterizzazione dei personaggi in termini di azione, spigliatezza narrativa, fedeltà alla realtà pro-filmica, sequenza temporale discontinua attraverso un flusso continuo di immagini, valorizzazione dei punti di vista, verosimiglianza dello spazio assegnato ad ogni personaggio, finalizzazione drammatica e psicologica del «decoupage ] e non nelle « trouvailles ›› tecniche o nelle fanfaronate stilistiche (si ricordi che un grandissimo cineasta come Elia Kazan, per esempio, non ha inventato niente; lo stesso si potrebbe dire di Lubitsch, ecc...). (continua)
Franco Ferrini, I GENERI CLASSICI DEL CINEMA AMERICANO, BIANCO E NERO, 1974 Fascicolo ¾

martedì 17 settembre 2019

Il cavaliere e il partigiano Довженко

Олександр Петрович Довженко
Aleksandr Petrovič Dovženko
1894 - 1956

Sono il cavaliere, il partigiano dei problemi contemporanei. Non si parlerà mai troppo della nostra vita di oggi. Non bisogna annullarsi nella contemplazione del passato, o nella follia della grandezza, ma volgersi verso l'uomo di tutti i giorni. Dobbiamo comprendere che la goccia di rugiada può essere da sola lo specchio che riflette il mondo e l'intera società. E se il nostro è un grande paese è perché la gente comune è grande, importante. 

venerdì 13 settembre 2019

Sergio Leone in comics











ORIENT EXPRESS, N. 25 ottobre 1984

giovedì 12 settembre 2019

Le prince et son âme



You'd think he's contemplating his image at the bottom of the water.
Maybe it's not his image.
Only those who are not in love see their own reflection.
So what does he see?
He's contemplating his soul.
Don't wake him, it might take wing.
Go back, all of you.
Don't disturb him.

Si direbbe che egli contempli la sua immagine nel fondo dell'acqua.
Forse non è la sua immagine.
Colui che è "innamorato" non vede il proprio riflesso nell'acqua.
Allora cosa vede?
Contempla la sua Anima.
Non lo svegliate.
Ella potrebbe "svanire"
Nacer KhemirBab'Aziz - Le prince qui contemplait son âme, 2005

martedì 10 settembre 2019

Detective Thriller - The Private eye & the falcon

La prima apparizione della figura del « private eye ›› nel cinema hollywoodiano classico si ha proprio con la trascrizione cinematografica del romanzo forse più famoso di Dashiell Hammett, «The Maltese Falcon».
Il film omonimo è di Roy Del Ruth, l'anno il 1931, il «detective›› protagonista, Sam Spade, è interpretato da Ricardo Cortez. Il fatto che il film sia dello stesso anno di Little Caesar di Mervyn LeRoy ci dice che il film di «gangsters» e il «detective thriller» sono fenomeni oltre che coevi complementari, riflessi di una stessa realtà turbolenta. Ma mentre Little Caesar inaugura un genere salutato dalla fortuna e dal successo fin dalla sua prima apparizione, punto di partenza per uno sviluppo regolare e ininterrotto, il film di Roy Del Ruth, pur disponendo di un inconfondibile marchio stilistico e iconografico, non è che una specie di staffetta che precede di anni la piena affermazione e il successivo sviluppo del genere ad esso legato.
La versione di Roy Del Ruth del romanzo di Hammett è forse la più fedele al «plot» originario, imperniato sull'intricata e ossessiva ricerca da parte di avventurieri (Joel Caino), collezionisti [Gutman), « femmes fatales » [Brigid  O'Shaughnessy), investigatori privati [Sam Spade e il suo socio Miles Archer, una delle prime vittime), poliziotti, « bad guys ››, della preziosa statuina del falco. L'abile messa in scena di Roy Del Ruth non si lasciava sfuggire il « côté » più torbido ed inquietante della vicenda, stando sempre a ridosso dei personaggi e assegnando al rapporto tra Sam Spade e Brigid O'Shaughnessy, l'assassina di Miles Archer, la giusta connotazione di una schermaglia erotica. L'equivoca figura del panciuto collezionista, Gutman, dava risalto all’anti-intelletualismo cosi tipico del cinema e dell’anima americani [si ricordi la collezione di objets d'art che introduce nel mondo perverso di Laura): il collezionista è la versione feticistica, rapace e grifagna dell’esteta e dell’intellettuale.
Del 1936 è la seconda versione del romanzo di Hammett, Satan Met a Lady di Wlliam Dieterle.
Ma il « detective thriller ›› fa ufficialmente ingresso nella storia delle forme cinematografiche con The Maltese Falcon (1941, Il mistero del falco) di John Huston, terza versione del romanzo di Hammett, con Humphrey Bogart nella parte di Sam Spade, il prototipo dell'« hard-boiled » avvezzo alla violenza e al cinismo {« quando ti danno uno schiaffo te lo prendi e ci prendi gusto ››) che si fa strada in mezzo a un gruppo di criminali desiderosi di mettere le mani sull'uccello incastonato di pietre preziose.
Il film è girato quasi per intero in interni, in ambienti in cui i personaggi si sentono messi alle strette, sottoposti all'esercizio incessante di uno sguardo beffardo e impietoso. Gaspar Gutman (Sidney Greenstreet] è il collezionista pancione e effeminato, sardonico e canzonatorio come un
baronetto inglese. Brigid O'Shawghnessy (Mary Aistor) «è l’ennesima reincarnazione della donna castratrice. Joel Cairo (Peter Lorre] è l'untuoso e ricciuto assistente di Gutman, Elisha Cook jr. impersona Wilmer, un bravaccio smidollato. John Huston da parte sua non fa che tessere attorno a tutti questi personaggi un fitto rammendo di inquadrature che li catturano, li giustappongono, li separano in un'aggrovigliatissima composizione in cui la massima discontinuità del « decoupage ›› sembra accerchiare ed isolare i vari figuranti in un 'senso generale di solitudine e di minaccia. C'è una scena in cui Sam Spade viene interrogato dal Procuratore Distrettuale. Questi rassicura il «detective ›› che .non ha nulla da temere, a patto che non abbia nulla da nascondere. Spade risponde: « Tutti hanno qualcosa da nascondere ››. Questa affermazione suona come una lapidaria epitome dell’universo del film, in cui essere e apparire sono due cose completamente diverse, le identità personali sono incerte e sfumano una nell'altra, le relazioni intersoggettive sono caratterizzate dalla loro intrinseca doppiezza e perfino gli oggetti si rivelano falsi [la stessa statuina del falco, la cui erranza di mano in mano è costellata di morti, non è che una volgare imitazione dell’autentica «rara avis ››). Brigid O'Shaughnessy si fa chiamare anche Wonderly e Le Blanc, Joel Cairo esibisce passaporti svizzeri, francesi ed inglesi. Gutman acconsente che Wilmer, il suo « protegé ››, venga usato come capro espiatorio. Brigid tradisce Thursby, Archer e Spade. Questi tradisce Archer, Brigid e Gutman. Archer andando a letto con la moglie di questi. Gutman facendo finta di essere in possesso della statuina del falco, Brigid consegnandola al suo destino e reprimendo ogni desiderio di aiutarla. Gutman ha parole di ammirazione per Spade e gli tocca un ginocchio [« Lei è l'uomo che fa per me ››] mentre aspetta che il narcotico somministratogli in un « drink ›» faccia effetto.
L'improbabilità del soggetto ha una chiara funzione distanziatrice e metaforica essa non è che una beffarda e blasfema secolarizzazione della ricerca del Santo Graal (del resto anche in Moby Dick, John Hustoin darà prova dello stesso vigore ateo, identificando simbolicamente la lotta con il Male con quella contro Dio: « Colpirei il sole se osasse insultarmi! ›› dice  Ahab; « Se Dio avesse voluto farsi pesce, avrebbe scelto senz'altro di diventare la balena ›› dice un marinaio; « Volevo fosse chiaro che Moby Dick rappresenta l'impostura assoluta di Dio, la sua crudeltà, la sua inumanità ›› ha dichiarato lo stesso Huston). La qualità delle azioni compulsive dei personaggi di The Maltese Falcon ricorda l'ansia di eroi spinti a raggiungere una certa meta, a ritornare in patria, a raggiungere la Città Celeste, il cui timore di non raggiungere questa meta è ancora maggiore della paura dei particolari orrori che incontrano sul loro cammino. L'ostinazione, la consapevolezza, l’idealismo di Parsifal cedono realisticamente il passo alla monomania, la rapacità e il cinismo dei personaggi di The Maltese Falcon. D'altronde l'oggetto della loro ricerca è la statuina di un uccello, il quale nell'iconografia religiosa e nel folklore cristiano appare sempre come depositario e interprete della superiore musica delle sfere e dei cori delle gerarchie angeliche. « Salmisti di Dio ›› per Sant'Ambrogio, gli uccelli ricompaiono nell'iconografia ispirata a San Francesco, e se il medioevale Gonzalo de Berçeo ci presenta certi uccelli particolarmente colti  in funzione di predicatori, anche la poesia rinascimentale e barocca influenzata dal neoplatonismo, presenta infiniti travestimenti cristiani del mito di Filomela. È con il romanticismo che questo dialogo ornitologicoincomincia a spezzarsi: Keats e Shelley vorrebbero comprendere il linguaggio dell'usignolo e dell'allodola, ma se ne sentono irrimediabilmente esclusi. Non esiste più la possibilità della « natureingang ›, della fusione fra il canto del poeta e quelllo degli uccelli, in un inno di riconoscenza al Signore. L'archetipo dell'uccello ricompare nella versione neogotica del Vampiro, in quella apocalittica di The Birds di Alfred Hitchcock e, nel caso in questione, in quella dissacrante del falcone maltese. Infatti nel filmdi John Huston le azioni dei vari personaggi non sono poste né al servizio di qualche fine « superiore ››:né di qualche destino provvidenziale. Essi sono « displaced persons ›› particolari, data la loro alienazione da una meta verso la quale gravitano sempre e per la quale sono costretti a creare un surrogato mondano e secolarizzato: il falco che rappresenta simbolicamente anche la loro posizione nei confronti dell'organizzazione sessuale [la statuina è il Fallo] e dell`organizzazione economica della società [la statuina è il Denaro). La stessa « withdrawal of affect ›› [ritirata dagli affetti), così tipica degli eroi edificanti, non è qui che un tratto pervertito. ll parsifalismo cede il passo alla misoginia di Sam Spade, che quando bacia Brigid le stringe la gola tra le mani. Né il film stesso è esente da una certa misoginia: quando nel suo appartamento Spade si china a baciare di nuovo la donna la macchina da presa si sposta in direzione della finestra aperta da cui si intravede la figura minacciosa di Wilmer, appostato per strada, associando così effusioni erotiche e pericolo. Il finale del film,  quando Brigid apprende da Spade che l'aspetta la prigione e probabilmente la morte, non ha nulla di patetico, né l'abbandono è doloroso. «Se gli ammazzano il socio uno deve pur fare qualcosa » è la giustificazione del « detective ›› che soppianta ogni regola cavalleresca in nome di una cinica etica professionale. E prima che il cancello dell’ascensore si richiuda su di lei con le sue sbarre simili a quelle di una cella, Spade non ha dubbi circa la propria capacità di auto-conservazione: «Avrò qualche notte insonne, ma poi passerà». (continua)
 Franco Ferrini, I GENERI CLASSICI DEL CINEMA AMERICANO, BIANCO E NERO, 1974 Fascicolo ¾

lunedì 9 settembre 2019

The Almighty's accounts are out

One of the most rewarding screen experiences of our time.
Roger Ebert

That's the way it is.
All your life you sweat, trying to educate children, sowing the seeds of knowledge in their minds.
Then they go trotting off to become judges and magistrates, leaving you like an ox yoked to the mill.
So on one level...
I'm proud of my students, but I'm jealous too.
There's an injustice in it somewhere.
The Almighty's accounts are out of balance somewhere.

È così che va.
Una vita di fatica, cercando di educare i bambini, piantando il seme della conoscenza nelle loro menti.
Poi loro se la svignano diventano giudici o magistrati, ti lasciano come un bue legato al mulino.
E così via...
Sono orgoglioso dei miei allievi, ma sono anche invidioso.
C'è qualcosa di ingiusto in questo.
I conti dell'Onnipotente hanno un buco da qualche parte.
Satyajit RayMahānagar (La Grande Città),1963


Haren Chatterjee as Priyogopal

giovedì 5 settembre 2019

Maestro in Larissa,Greece



 Created by Asterios Laskaris, Christos Laskaris and Dimitra Kalogirou 
L'originale è qui: 
https://www.voanews.com/arts-culture/greek-town-loves-movie-score-maestro-morriecone-and-it-shows

LA CITTA' E LO SPAZIO in Vittorio De Sica - ontologia ed etica


Non vorremmo essere fraintesi. L'ottica con cui abbiamo in queste pagine osservato parte dell'opera cinematografica di De Sica non ha né la pretesa di porsi come l'unica possibile, né quella di essere — per come l'abbiamo condotta — esaustiva. Il lettore accorto noterà che più di una volta le singole conclusioni cui siamo pervenuti coincidono con altre precedenti di diversa metratura critica (e in questo senso abbiamo ritenuto opportuno non rilevare bibliograficamente tali coincidenze di risultati, che però ci guardiamo bene dal negare). L'unico bersaglio che ci eravamo proposti era, come si è detto in apertura, quello di dimostrare il preponderante ruolo che la città e ii suo spazio (o, se si vuole, Io spazio] giocano
nel cinema di De Sica, il modo in cui queste componenti si organizzano e si presentano, ed insieme la sfiducia che l'autore nutre nei loro confronti. Ci sembra ne sia uscita una piccola ontologia dello spazio strutturata secondo alcune evidenti opposizioni (nonché la immagine di un impegno tecnico spesso tutt'altro che casuale).
Un'ontologia che si configura, però, anche come una sorta di etica: lo spazio infatti diviene in questo cinema anche e soprattutto luogo morale, essenziale componente esplicativa delle linee umane centrali del discorso, segnale di una condizione dolorosa e sofferta. Certo, a parte la frammentarietà dell'analisi in sé, rimane da discutere approfonditamente l’aspetto sociologico del problema, che del resto, come abbiamo già detto più sopra, coinvolge un importante ulteriore problema — forse il più importante — relativo alla natura e alla matrice culturale del neorealismo cinematografico come fenomeno globale. Intanto, non è più possibile a questo punto affermare con Bazin che “le néo-réalisme ne connait que l'immanence “ e che in questo cinema (a dire il vero la frase riguarda UmbertoD.) e “le monde exterieur se trouve réduit au réle d'accessoire de cette action pure et qui se suffit é elle-méme " 17. Al contrario, il mondo esterno — almeno in De Sica —è parte integrante e non accessoria, riflesso preciso, spesso in modo dialettico, del mondo interiore del personaggio. E quindi tutta una concezione del neorealismo come pura fenomenologia va rivista criticamente.
Poi, come si è già detto, il rapporto fra cultura urbana e cultura rurale sembra uscirne caratterizzato da scelte di fondo pressoché inequivocabili. Scelte di cultura e di affetti che lasciano trasparire una visione del mondo spesso alquanto diversa da quella che in un primo tempo sembrava qualificare gran parte di quel cinema (si pensi — e qui l'errore è macroscopico — alla definizione di Ladri di biciclette come “film comunista” data da Bazin 18).
Non vorremmo sembrare troppo audaci accostando a queste scelte le pagine che Spengler ha dedicato al rapporto fra città e campagna in “Il tramonto dell'occidente" 19. Si rileggano quelle parole e si veda come per Io storico reazionario quel rapporto si ponga in termini di inevitabile mutamento ed evoluzione, non per questo però per lui meno esecrabile. L'ambiente urbano è l’ambiente dei traffici commerciali, dei profitti mercantili e dell'usura; esso è a fondamento del mondo moderno, ma è anche la negazione della natura, della spiritualità caratteristica delle culture rurali, e il suo stesso trionfo ha in sé i germi della propria fine. A parte la visione apocalittica conclusiva, non è difficile rilevare in questo tipo di pensiero alcune analogie di fondo con il modo in cui “malgré soi” parecchio cinema neorealista, ci ha presentato la campagna o il suo contrario, la città. Ma ancora una volta dobbiamo fermarci qui, attendendo il giorno in cui uno studio del neorealismo in questa chiave verrà tentato. E’ comunque certo che il cinema di De Sica, particolarmente fecondo ai fini di un’analisi sulla città e sui rapporti e i valori spaziali, sarà quel giorno punto di riferimento imprescindibili. *

17 Cfr. André Bazin: -“Ou'est ce que le cinéma? “, cit., pp. 76 e 89.
18 Ibid., p. 49.
19 Cfr. Oswald Spengler: “Il tramonto dell’occidente”. Milano, Longanesi. 1970, pp. 796-825.

* Desideriamo esprimere qui la nostra gratitudine alla Cineteca Nazionale e alla Cineteca del Comune di Bologna per l‘aiuto e l’assistenza che ci hanno prestato nel reperimento e nella visione dei film di Vittorio De Sica.
FINE
Franco La Polla, BN BIANCO NERO, MENSILE DI STUDI SUL CINEMA E LO SPETTACOLO 9/12, 1975


martedì 3 settembre 2019

Detective Thriller - The Simple Art of Murder

Rivoluzionario nello stile quanto nella scelta dell'ambiente e dei personaggi descritti, Hammett figura oggi come uno dei maggiori scrittori della letteratura americana di quel periodo. La sua preoccupazione maggiore era quella infatti di aderire nella forma alla realtà del suo tempo, e mai in modo esteriore o naturalistico.  Periodi ben calibrati, scene rifinite, solidi capitoli che procedono deliberatamente, vanno bene per lo scrittore che dice al suo lettore: Senti, queste cose sono avvenute, ora te le racconto. Non vanno bene per colui che dice: Guarda ti sto mostrando quel che sta avvenendo. Questo tipo di scrittore deve sapere come gli avvenimenti progrediscono, non come ci se ne ricorda più tardi, ed è in questo modo che egli deve scriverli, affermava nella sua comunicazione al Congresso degli scrittori americani. La scoperta del colpevole passava in secondo piano e ogni storia, invece di rispondere alle esigenze del « whodunit ››, mirava soprattutto a svelare le condizioni di possibilità e i modi di apparizione del delitto, l’aspetto sinistro della lotta per la vita, in un mondo, come scriveva Raymond Chandler, nella « Semplice arte del delitto», «in cui i gangsters possono guidare le nazioni e almeno guidano le città, in cui gli alberghi e le case d'appartamenti e i ristoranti alla moda sono proprietà di uomini che hanno fatto i loro quattrini con i bordelli, un mondo dove un giudice con una cantina piene di liquore può mandare in galera un uomo perché ne aveva una bottiglia in tasca, dove il sindaco della vostra città può aver condonato un omicidio come un mezzo per far quattrini, dove non si può camminare con sicurezza in un vicolo buio perché la legge e l'ordine sono cose di cui parliamo ma che ci asteniamo dall'attuare, un mondo dove potete assistere a una rapina per strada in pieno giorno e vedere chi l’ha compiuta, ma scomparirete subito dopo nella folla invece che parlarne, perché il malvivente può avere amici con pistole lunghe o la polizia può non gradire la vostra testimonianza, e in ogni caso l'avvocato difensore sarà autorizzato a insultarvi e maltrattarvi in tribunale, davanti a una giuria di scelti deficienti ». (continua)

Franco Ferrini, I GENERI CLASSICI DEL CINEMA AMERICANO, BIANCO E NERO, 1974 Fascicolo ¾