lunedì 30 gennaio 2017

Espressionismo a Messina



Oggi al Royal, per il ciclo organizzato dal circolo <<Barbaro» e dal Gruppo siciliano del Sncci, con il concorso dell‘amministrazione comunale, saranno proiettate le due parti del film di Fritz Lang.
Il dottor Mabuse é un dominatore senza scrupoli che guida una banda di assassini, falsari e altri criminali e con il loro aiuto terrorizza la società. Egli. Procedendo scientificamente, ipnotizza le vittime predestinate e sfugge all’identificazione assumendo identità diverse.
Lang girò questo film nel I922 ed è forse il suo primo film importante dopo <<Destino».
Le scene notturne di <<Mabuse» furono girate in studio. II treno sopraelevato, che allora emozionò il pubblico, era un treno giocattolo fotografato in studio e sovrimpresso alla scena, girata precedentemente, della strada di notte.
 IL SOLDO, 12 aprile 1980


Organizzato dal circolo <<Barbaro»
Da oggi a Messina un ciclo
dei film
                                          dell’espressionismo tedesco
di Alfonso Moscato
C’è un film famoso <<Il gabinetto del dott. Caligari» (Das Cabinet des Dr. Caligari,1920) che a detta degli storici sarebbe l'iniziatore dell’espressionismo cinematografico tedesco. Oggi lo si può vedere come un giallo di discreta forza narrativa immerso in una congerie di elementi scenografici da baraccone da fiera. Ma può essere visto — ed è stato visto — anche in maniera differente.   Sarebbe un'archetipo, perché lo sforzo fatto nel film di coordinare scenari, interpreti, illuminazione e azione è sintomatico del senso di organicità strutturale che da questo film in poi si manifesta sullo schermo tedesco». Sarebbe anche un' anticipatore, essendo il personaggio di Caligari “il tipico precursore di Hitler in quanto usa il potere ipnotico per piegare al suo volere il suo strumento”.
Le frasi tra virgolette sono del sociologo Siegfried Kracauer, tratte dal suo Cinema tedesco dal <<Gabinetto
del dottor Calegari» a Hitler pubblicato in America nel 1947. Secondo Kracauer i film rispecchiano quei profondi strati della mentalità collettiva che giacciono più o meno sotto il livello della coscienza. Per cui l’indagine critica sul cinema tedesco degli anni 20 permette di approfondire la conoscenza della Germania prehitleriana, rivelando che all'origine dei film espressionisti c'è un morboso disamore dei tedeschi per la propria epoca: incapace di risolvere le proprie contraddizioni la borghesia tedesca si ridusse all’evasione in un universo fantastico.
Queste affermazioni di Kracauer furono ampiamente ironizzate da Umberto Barbaro il quale, nel suo <<Il cinema tedesco» mise in dubbio, addirittura, l'esistenza in Germania di un espressionismo cinematografico. Più drastici di Barbaro, tanti hanno detto che o tutto il cinema (migliore) è, anche oggi, espressionista o niente lo è. La discussione continua.
Pero alcune caratteristiche si possono evidenziare che, pur non essendo esclusive dei film attribuiti all'espressionismo, ci si trovano sempre e spesso tutte insieme; la caratterizzazione non realistica degli attori (ottenuta a volte con truccature orripilanti) l’importanza dell‘architettura, non di rado geometrizzante o bizzarra’; il demonismo; il misticismo.
L’espressionismo cinematografico tedesco si pub considerare una parte di quel più ampio movimento che si diffuse in Europa centrale tra il 1907 e il 1927, protraendosi, per lo spettacolo, fino al 1933. Fondandosi sull'inconscio o esplorandolo, l‘espressionismo cercava di forzare i limiti della <<normalità» per andare alle radici delle angosce delle aure o delle esaltazioni. L'espressionismo cinematografico si sviluppò soprattutto in Germania dal 1920 in poi. Quello che è curioso - ma non tanto- constatare come l’espressionismo trionfò nelle varie arti prima della guerra, nel cinema invece dopo la guerra. Il cinema al solito arrivava in ritardo arrancando dietro alle novità. (Un caso simile l’abbiamo avuto in Italia con il Neorealismo).
Non per nulla si formò, negli stessi anni, un movimento di reazione all'espressionismo visto come un'esperienza anacronistica e non popolare: la <<Nuova oggettività» i cui autori portarono sullo schermo la strada e i suoi personaggi e ci fu una pubblicistica di sinistra che cercò di interessare gli strati popolari a questo tipo di cinema-per-il-popolo.
Stranamente — come è piena di stranezze la storiografia - si è parlato più dell’espressionismo cinematografico che della <<Nuova oggettività» o anche del <<Cinema da camera» che, sempre in reazione al barocchismo estetico e morale dell’espressionismo, metteva in scena pochi personaggi e ambienti ristretti e realistici. Comunque, i nomi di sceneggiatori, registi, scenografi, attori abitualmente citati come espressionisti sono tanti e meritevoli.
Il ciclo che all'espressionismo tedesco dedica il circolo <<Umberto Barbaro» di Messina si ferma ad alcuni dei più noti, principalmente ai registi Fritz Lang e Friedrich Murnau dei quali vengono proiettati i film più significativi degli anni 20. Però Murnau si pose a un certo punto fuori, se non contro, la corrente espressionista, piegando verso il <<cinema da camera» di cui il suo <<L'ultima risata» è considerato il risultato migliore. Come si vede, i veri autori difficilmente si lasciano integrare in una prospettiva unica e unitaria.
Gazzetta del Sud / Anno 20  n. 96 / Giovedì 10 Aprile 1980

Ancora una volta il Don Orione va incontro al Barbaro. E sì, perché Alfonso Moscato è stata la mente, come Ubaldo Vinci il braccio, del cineforum Don Orione.



domenica 29 gennaio 2017

giovedì 26 gennaio 2017

Don Orione vs U. Barbaro


Alla fine degli anni sessanta del secolo della bomba atomica le manifestazioni per lo più studentesche andarono a colpire anche il cinema non solo come fase produttiva ma anche culturale. I cineforum ed i Circoli del Cinema unitamente alle Associazioni di cui facevano parte attraversarono una fase burrascosa che portò a scissioni intestine da cui vennero fuori nuove sigle che favorirono un diverso approccio con le opere e gli  autori. Da tutto ciò non rimase indietro il Cineforum “Don Orione” allora legato con la parrocchia e l’istituto dentro cui agiva. Parte dei dirigenti quel circolo si staccarono per dare vita al Circolo di Cultura Cinematografica “Umberto Barbaro”. A portare avanti le iniziative del “Barbaro” fino alla metà degli anni settanta fu il professor Guerrera e dopo una pausa di qualche anno da un gruppo di cinefili usciti anch'essi dal vecchio “Don Orione”. Le prime programmazioni del “Barbaro”, avvenivano al cinema Aurora in via XXVII Luglio, riflettevano l’ideologia degli ideatori i programmi e le opere dei fratelli Taviani o della Cavani non mancavano mai dagli schermi accanto ai meno noti registi dell’America Latina. Successivamente, negli anni dei cinefili, si andarono a divulgare generi ed autori considerati di culto cosicché accanto a Monte Hellman si accostava Sergio Citti. I più intellettuali di quei cinefili diedero vita anche ad un evento abbastanza unico per la città dello Stretto, che portò il nome di “Saggi dell’Espressionismo Tedesco”. Le programmazioni di questi anni avvenivano al cinema Royal di via Palermo come anche al cinema Orientale di Gianni Parlagreco a Camaro. Quella del “Barbaro” è una storia breve, legata alla stagione in cui ancora nella città le sale erano abbastanza numerose, connessa anche al desiderio di portare gli autori esclusi da quel circuito ormai dissolto.




mercoledì 25 gennaio 2017

Le cinéma vu par Bonnaffé

Schiava d'amore Раба любви (Raba ljubvi)
reg. Nikita Mikhalkov (Никита Сeргеевич Михалков)


Il Pistolero (The Shootits) (1976)
reg. Don Siegel


La Luna (1979)
reg. Bernardo Bertolucci

martedì 24 gennaio 2017

Hell & High Hell



Al contrario del cinema italico asfissiato da tempo memorabile, quello giapponese e quello hollywoodiano si rinnovano anno dopo anno sulle proprie carni. Provate per credere con questi due:
il primo, Why Don't You Play in Hell? del 2013 di Sion Sono (alla giapponese va letto capovolto);
il secondo, Hell or High Water del 2016 di David Mackenzie.
Sono cento anni e passa di cinema mai venuto meno, specie il nipponico, dove generi, situazioni e personaggi rinascono come nei verdi anni passati, costringendo lo spettatore appassionato to cross the gates of hell, incollato sullo schermo dalla pista sonora anche essa rivisitata con piglio contemporaneo noché dalle cameras RED EPIC e ARRI  con ottiche Zeiss e Angenieux.


lunedì 23 gennaio 2017

Diario di un soggettista - un'idea immorale per il pubblico

 Discutiamo un‘idea e quest'idea è la seguente. << Si vede un teatro di varietà. Palcoscenico, pubblico, numeri d’attrazione. Siamo in colonia. Tra il pubblico si trovano alcuni ufficiali. Mentre canta una donna sul palcoscenico uno di questi ufficiali ride. La cantante scende e gli appioppa uno schiaffo ». Questo è il principio di un film che qualcuno ha enunziato. Quello che interessa tutti é lo schiaffo. La donna scende e gli da uno schiaffo. Naturalmente tra i due nasce un grande amore.
La scelta d’un soggetto dipende dal momento in cui l’attenzione di tutti quelli che lavorano si appunta su un personaggio, quale esso sia, di dovunque venga. Questo è il lato più misterioso della creazione cinematografica. Un personaggio che ha preso Ia mano domina tutto e non c’è più verso di levarselo di torno. E non si sa come si sia conquistato questo pesto. Eccoci attorno alla donna che canta sul palcoscenico come attorno a un’ostrica che tutti ci studiamo di aprire con ogni mezzo senza scheggiarne la conchiglia.
La cantatrice del palcoscenico è una famosa attrice decaduta.
E decaduta con la guerra che ha travolto molti uomini e molle fortune.
La cantatrice del palcoscenico non può essere tanto attraente perché dalla guerra a oggi sono passati venti anni. Se vogliamo rappresentarla ancora giovane bisogna che andiamo al 1920, e mettiamo tutta l’azione intorno a quell’anno.
Un momento: la cantatrice di palcoscenico può avere una figlia molto bella; e di questa figlia molto bella si dovrebbe innamorare l’ufficiale schiaffeggiato.
Nossignori: la cantatrice di palcoscenico ha una figlia molto bella; di costei s’innamora l’ufficiale schiaffeggialo: ma la cantante é a sua volta innamorata dell’ufficiale che ella ha schiaffeggialo.
Benissimo. Siamo al contrasto. Però l’ufficiale, quanti anni ha? Deve avere pressappoco l’età della cantante. Un’idea. La cantante é stata in altri tempi l’amante dell’ufficiale schiaffeggialo,  e sulle prime non lo riconosce. Lo riconosce poi.
Magnificamente. La cantante vuole impedire che l’ufficiale schiaffeggiato, di cui ella fu amante,prima della guerra, concepisca una passione verso sua figlia e che sua figlia s’innamori di lui.
Molto bene.
Anzi potrebbe finire cosi: lei, davanti alla passione che nasce tra il suo amante di una volta e sua figlia...
Ma state a sentire: se l’ufficiale che era stato l’amante della cantante vuole sposare la figlia di costei?
Per carità. E‘ immorale.
Immorale? E prima non era immorale?
Immorale per il pubblico. Questo offende il pubblico.
C’é una soluzione. La cantante, per impedire che l’ufficiale seduca la sua figliola, gli spara una revolverata.
Ma signori, questo è I’intreccio di Mazurka tragica.
E vero. Ricominciamo daccapo.
                                                                                                                             (continua)
   CORRADO ALVARO
(Da “Scenario “, Marzo XV).
BIANCO E NERO  Anno I –  N. 3 –  31 Marzo 1937 -  XV

domenica 22 gennaio 2017

Nel clamore della più accesa polemica


Altri tempi, altro cinema, altri prossimamente: la donna del giorno nel film del giorno

giovedì 19 gennaio 2017

Antinea, regina degli abissi






Brigitte Helm in L'Atlantide (Die Herrin von Atlantis), 1932

mercoledì 18 gennaio 2017

Ernst Lubitsch vs Frank Borzage



L’UNGHIA DEL LEONE

VERSO la fine di Desiderio, il film diretto da Frank Borzage (supervisore Ernst Lubitsch) la ladra - Marlene Dietrich – si pente della vita che ha condotto fino allora, restituisce il vezzo di perle rubato, e prendendo nella sua la mano del bravo ingegnere – Gary Cooper - incomincia una nuova esistenza.
Rimane sempre, però, da saldare il conto con la giustizia. Come evitare una scena di tribunale? Scena che, trattandosi ormai semplicemente di ratificare quanto in senso morale e individuale – la coscienza dell’ex ladra – è già liquidato, non avrebbe portato niente di nuovo allo svolgimento della fine, sarebbe certo risultata inutile e sgradita. Facciano bene attenzione gli scenaristi: ecco come Lubitsch (perché è senz’altro sua, questa trovata) risolve da maestro il suo facile problema.
Lubitsch finge dunque di dimenticarsi d’aver riconosciuto la necessità d’inserire questa scena: che, infatti, non appare nella pellicola: Soltanto che, a un certo punto, su richiesta dell’ufficiale di stato civile, l’ingegnere fidanzato, invece di presentare il documento che autorizza le sue nozze con Marlene, presenta per isbaglio la sentenza del tribunale, che ha inflitto alla ladra di gioielli la condanna penale.
Dunque, proprio nel momento quando sappiamo imminente quella grande gioia della unione legittima di cui è simbolo il prezioso documento di autorizzazione al matrimonio, scoppia il motivo della legge offesa, come un fulmine. Un fulmine, bisogna dirlo, che si spenge prima di cadere, e non causa che un attimo penoso. E forse, neppure quello: dato che la peccatrice recentemente purificata non ha avuto il tempo di crearsi una sensibilità molto raffinata per questo genere di faccende.
Ai nervi meno coriacei dello spettatore, invece, questo piccolo brivido imprevisto è come un ottimo condimento per la piacevole pietanza del ‘ lieto fine ‘.
E per mezzo del documento uscito per isbaglio dalle tasche di Cooper che si stabilisce fulmineo un corto circuito fra passato di vergogna e lieto avvenire. Questi due stadi contraddittori sono portati, grazie all’apparizione inaspettata del documento di condanna, sotto il segno di un denominatore comune, di cui il secondo documento – quello di nozze – rappresenta l’elemento di scambio. La trovata produce inoltre nell’animo del pubblico un caratteristico momento di sospensione, per il motivo che tutto ad un tratto si rappresenta a noi – che lo avevamo ormai dimenticato – il Male nelle vesti stesse della Felicità. L’errore di documento, subito ritirato, oltre a colmare in modo fulmineo e retrospettivo una lacuna del racconto cinematografico, serve egregiamente a porre in maggior rilievo, con una piccola ombra nera, l’immacolato splendore della cerimonia nuziale.

CINEMA, QUINDICINALE DI DIVULGAZIONE  CINEMATOGRAFICA, Luglio – Dicembre 1936 Anno XV


giovedì 12 gennaio 2017

Spot


Presentazione

 

mercoledì 11 gennaio 2017

INTRODUZIONE ALLO STUDIO DI VASILIJ SUKSIN

La scoperta di Šukšin è stata uno degli episodi eminenti della Biennale cinema '76. Di più: si può dire senza enfasi che s'è trattato d'una rivelazione. Ora sappiamo che accanto ad Andrèj Tarkòvsikij il cinema sovietico può scrivere oggi a referto nella storia del « cinema che resta ›› anche il nome di Vasilij Makàrovic Šukšin.
Quarantacinque anni corrono tra l'alfa e l'omega della sua esistenza: 25 luglio-1929, villaggio di Srostki nel territorio dell'Altaj nella repubblica russa, sezione meridionale della Siberia occidentale; ottobre 1974, villaggio di Kletskaja, provincia di Volgograd nella repubblica russa, per un attacco d'ulcera perforante, male di cui soffriva da tempo: erano in corso le riprese di Oni sraía/is' za rodinu {t.l. Hanno combattuto per la patria) di Sergej Bondarëuik, dall'omonimo romanzo di «Michail šòlochov. E' sepolto a Mosca, dove viveva con la moglie, l'attrice Lidiija Niikolaévna Fedosséva e le sue due bambine.
La fanciullezza l'ha vissuta in campagna. La grande guerra nazionale contro il nazismo lo costringe ad interrompere gli studi. A quattordici anni va a lavorare. Nei kolchozy fa il bracciante, il muratore, lo scaricatore, il fabbro. Quando è il momento, presta servizio militare in marina. Poi fa il direttore della scuola serale per la gioventù operaia nel villaggio natio: il legame con la terra è ininterrotto, appassionato. Nel '54, a venticinque anni, tenta |'avventura a Mosca. Vorrebbe studiare all'Istituto di letteratura. Gli si rifiutano gli esami di ammissione, perché non ha pubblicato una riga.
Tenta la sorte all'Istituto di cinematografia. Il VGlK è l'“accademia" cinematografica più antica del mondo: ha fortuna, è ammesso ai corsi di regia nella classe di Michail ll'iö Romm, l'autore di Pyška [Boule de suif] e di Deviat' dnei odnogo goda (t.l.: Nove giorni in un anno).
Esce diplomato a trentun anni, nel 1960. Comincia a lavorare per il cinema come attore e come sceneggiatore. Intanto si afferma anche come scrittore con racconti e romanzi che si ricollegano alla grande tradizione della letteratura «contadina››.
Interpreta un film dopo l'altro: Dva Fëdora {t.l.: I due Fiodor] di Marlen Chuciev, 1959; Zolotoi ešelon (t.l.: Il convoglio d'oro) di l|'ja Gurin, 1959; Prostaia istoriia [t.l.: Una storia semplice) di Jurij P. Egorov, 1960; Alénka di Boris V. Barnet, 1962; Kogdà derev'ia byli bol'šimi (t.l.: Quando gli alberi erano grandi] di Lev. A. Kulidìanov,1962; tra gli altri, Miška, Serëga I ia [t.l.: Miska, Serega ed io] di Georgij S. Pobedonoscev, 1962; Kommandirovka [t.l.: Missione di lavoro) di Jurij P. Egorov, 1963; My, dvoe muãöin [t.l.: Noi, due uomini) di Jurij Lysenko, 1963; Zurnalist [t.l.: ll giornalista] di Sergej A. Gerasimov, 1967; Muìskoi razgovor [t.l.:Discorso di uomini] di Igor' šatrov, 1969; U ozeru (t.l.: Sul lago) di Sergièj A. Gerasimov, 1970; Oni sraìalis za rodinu {t.l.: Hanno combattuto per la patria) di Sergej -Bondaröuk, 1974.
Nel 1964 incontra sul set di Com'è il mare?, Lìdija Fedoséevna, allieva di Gerasimov al VGIK e debuttante già nel 1969 in Compagne di Vasilij Ordynski. Si sposano. Per otto anni Lìdija rinuncia allo schermo per badare alle bambine, salvo una breve comparsa in Bratka, primo episodio di Strana gente. Vi ritorna con Peški Iavoãki (1972), su insistenza del marito. E' anche la protagonista femminile di Kalina krasnaia (1974).
La morte impedisce la realizzazione di un nuovo film che Šukšin preparava sul suo romanzo di tre anni avanti, « Sono venuto a darvi la libertà ››, incentrato nella figura di Stepàn Razin, il cosacco che sotto il zar Alessio Romanov (1645-1676] coinvolse i contadini in una jacquerie sul Volga, una rivolta che scosse la sicurezza del potere moscovita (1670-71). Domata la rivolta, Razin fu giustiziato entrando così nella leggenda contadina come campione dell'affrancamento del servi della gleba e come anticipatore della rivoluzione sociale. Sarebbe stato il suo sesto film da regista in dieci anni, dopo Zivêt takòi pàren '(1964), Vaš syn ibrat (1966) e Strannye I/'udi (1969).

Bruno De Marchi, BIANCO E NERO, Anno XXXVII, luglio/agosto 1976




lunedì 9 gennaio 2017

Diario di un soggettista - Il pubblico è stupido



Nessun‘arte, e nessuna attività umana, si può tenere in piedi durevolmente e raggiungere l’uomo quando presuppone un disprezzo dell’uomo. Se attori, scrittori, pittori, cineasti vi dicono che il pubblico é stupido e che bisogna lavorare per questo pubblico stupido, tiratene la conclusione che l’arte è a un livello più basso del cosiddetto pubblico stupido. E questo pubblico stupido diserta le arti e gli artisti, si butta dietro le spalle e la pittura e il teatro e il cinema. Poi inselvatichisce e diventa tirannico, stimandosi dappiù dei suoi artisti. Lo è infatti, e pretende d’essere servito e adulato.
Ho conosciuto il regista “che non arriva a certe cose”. E un uomo che parla con dolcezza, mettendo bene in rilievo tutte le sue parole. Egli crea con le mani, fa gesti classici: il gesto delle mani aperte sulle tempie come due paraocchi e di guardare in mezzo ad esse, nell’angolo della macchina da presa. E nutrito di cose viste al cinema, anche lui, e di cose viste nel film americano, russo, francese, ostrogoto. Non sa che tali segreti si scoprono in una lunga consuetudine con la letteratura e che dietro a ogni film buono, russo, francese, inglese, americano, ostrogoto, esiste una base di letteratura. Allora é come se leggesse sempre le grandi opere in traduzione, la traduzione che appunto il cinema fa di ogni motivo letterario. Una volta gli dissero: “Ma perché non leggi, non t’istruisci un pochino?». “ Fossi matto, ha risposto il regista che non arriva a certe cose, fossi matto; non mi voglio sciupare». Egli è convinto, come molti sono convinti, che la cultura guasti certe qualità naturali dell’uomo, la spontaneità, la naturalezza, la volgarità, tulle cose da tenersi gelosamente custodite. Difatti egli concepisce tutto per particolari e per atteggiamenti.
                                                                                                   (continua)
CORRADO ALVARO
(Da “Scenario “, Marzo XV).

BIANCO E NERO  Anno I –  N. 3 –  31 Marzo 1937 -  XV
 

domenica 8 gennaio 2017

Un figlio della forte Sardegna

Quelli che desiderano diventare attori dello schermo

GIANNI MURA

È un figlio della forte Sardegna, di Iglesias, dove è  nato nel 1905.
Anche lui appartiene alla schiera di coloro che vorrebbero intraprendere la carriera cinematografica verso la quale si sente portato; anche lui quindi ha voluto essere presentato da queste colonne a coloro che potessero e volessero avviare dei “nuovi” in questa difficile carriera.
Gianni Mura è un giovanotto bruno, di statura media, sano, robusto. Ha fatto parte di diverse filodrammatiche e si è sempre meritato degli elogi per la sua recitazione.
È intelligente, quello che più importa, e pieno di buona volontà. Crediamo che un direttore artistico che volesse avviarlo alla carriera cinematografica, saprebbe ricavare da lui un ottimo elemento.

Chi eventualmente desiderasse interessarsi di lui può indirizzare presso il nostro giornale che si incaricherà di trasmettere.
CINE SORRISO ILLUSTRATO PER IL PUBBLICO CINEMATOGRAFICO Anno VI – N. 15 – 13 Aprile 1930 (VIII)

mercoledì 4 gennaio 2017

La strada è il loro mondo


 Dal 1954 ad oggi resta immutato l'aspetto coinvolgente del film e su quello del Prossimamente a cui Vittorio Cramer, con la sua voce, sovraccaricava il lirismo felliniano.

lunedì 2 gennaio 2017

Che cosa sono Franco e Ciccio



H. - In questo episodio (*) ha usato Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, in Italia sono due comici famosissimi, ben conosciuti per il loro stile particolare. Quindi li ha usati in due modi: non solo per quello che sono effettivamente, ma anche per il cliché con cui sono noti al pubblico.
P. – Non credo che questo sia un problema, perché loro sono quello che sono, lo si sappia o no. Li ho scelti per la loro impronta plebea, che è un po’ volgare, come l’avanspettacolo o come il teatro dei burattini più popolaresco: la loro comicità è un po’ abietta. Forse, ma è anche immediata. In Italia la gente sa che sono dei comici, all'estero non lo si saprà; ma restano sempre loro, sempre la stessa cosa.
* Che cosa sono le nuvole, 1967
Jon Halliday, Pasolini on Pasolini, 1969

domenica 1 gennaio 2017

Bacioni da film

Un film … bacesco
Parigi, Marzo.


Poiché la censura giapponese proibisce tutte le scene nelle quali gli attori si baciano, un commerciante cinematografico americano, che si trova al Giappone, ha deciso di fare un film composto di tutte le scene censurate. Ne è risultato un film lungo oltre mille metri, che è stato proiettato privatamente in una riunione di critici giapponesi e di stranieri. La visione è risultata assai interessante, soprattutto per i paragoni che si sono potuti fare tra il modo di comportarsi dei vari artisti mentre si baciano. E’ risultato che l’artista meglio adatto a baciare rimane Rampon Novarro, mentre l’attrice che dà la sensazione più grande al pubblico in queste scene di amore è Lily Damita.
CINE SORRISO ILLUSTRATO PER IL PUBBLICO CINEMATOGRAFICO Anno VI – N. 15 – 13 Aprile 1930 (VIII)