martedì 19 novembre 2013

The true story of the bandit Mittiga


Il critico Johnny Carteri di Bovalino  su Calabria Forever,  che si pubblica a New York, ritiene poco probabile questa storia girata in anni in cui il neorealismo italiano trapassava in realismo di maniera. Noi non siamo d’accordo. Girato in un contrastato bianco e nero, la famosa Pancro  C. 7 della Ferrania, da Leonida Barboni alla fine convince più del precedente  Tacca del  lupo. Questa volta più che alle opere fordiane della frontiera la direzione di Germi si rifà a La via del tabacco ma soprattutto a Furore, con  Raf Vallone che molto bene sottolinea lo sradicamento del protagonista. Ferdinando diventa brigante perché destinato. Al destino danno una mano i notabili latifondisti ed i loro sgherri passati dalla parte del nuovo padrone piemontese. Ferdinando sceglie la tradizione non il progresso che risulta un voltafaccia, un rimescolare più che un rinnovamento a vantaggio delle classi più umili.
Gian Luigi Rondi sull’Osservatore Romano lo definì di propaganda populista mente Guido Aristarco sull’Unità lo bollò come nocivo per le lotte contadine della Calabria.

Da notare che un decennio dopo fu ricavato un  remake da Antonio Margheriti con Rick Battaglia nelle vesti di Ferdinando.

lunedì 18 novembre 2013

L'immaginazione al potere


Partner  Bernardo Bertolucci
   L’immaginazione al potere. Dire che si tratta di schizofrenia politica, cioè storicamente determinata, significa dire troppo poco. Solo a costo di una riduzione estrema la si può piegare a specchio della malattia dell’artista Bertolucci.

venerdì 15 novembre 2013

Briganti?

Il brigante di Tacca del Lupo (1952) non dovrebbe rientrare in questa retrospettiva dedicata ai film che trattano della Calabria. I riferimenti che le azioni danno collocano la vicenda nella Lucania, a Melfi, nell’estremo nord di quella regione, accanto alla provincia di Foggia.
La lavorazione, invece, per gli esteri, si svolse nel reggino: riconoscibile tra tutti la fiumara di S. Elia presso Melito Porto Salvo con Pentedattilo , il cui sfondo ricorre spesso anche da angolazioni diverse. Ma anche S. Stefano d’Aspromonte, paese natale di don Peppino Musolino e ancora le Rocche Prastarà di Montebello Ionico. Senza notare che in quegli anni non si badava alla filologia e nei film gli attori che interpretavano personaggi calabresi, lucani o pugliesi  venivano doppiati tutti col siculo-partenopeo.
Le vicende di briganti, ex borbonici, contro i nuovi arrivati piemontesi è comune a tutto il Regno delle due Sicilie. Vi passò don Peppino Garibaldi, e con lui vi passarono le speranze; tutto rimase come sotto Francesco II. Questo lo aveva anticipato e chiarito meglio di me don Fabrizio, principe di Salina, noto come il Gattopardo.
Si è detto molto sulla pellicola di Germi, il primo a vedere il sud italiano senza abbellimenti di sorta, spartano, come lo era il regista nella vita e nella professione. Si è detto del meridionalismo come dei riferimenti filmici cui il lavoro rende omaggio : John Ford ed i film con il seventh Cavalry; su tutti il più noto, quello che qui si riprende, Il massacro di Fort Apache (Fort Apache, 1948) interpretato da Henry Fonda e John Wayne, ambedue riveduti sotto la mano di Germi con i volti di Amedeo Nazzari e Fausto Tozzi.  Del resto il Regno delle due Siciliè è l’unico paese al mondo assieme all’ovest americano dove realtà, miti e leggende si confondono e impastano.
Non viene messa in luce, ancora oggi è così, nel film come nelle critiche ad esso rivolte, l’intera vicenda del brigantaggio come lotta dei poveri. Nell’opera di Germi, ed è quello che maggiormente dispiace e non convince, l’intero episodio è risolto con la vendetta-salvezza dell’onore coniugale che adombra il motivo per il ricongiungimento delle regioni italiane.
Forse il brigantaggio deve ricondursi alle lotte partigiane che scossero l’intero globo terrestre, dall’America del sud alla Russia, alla Cina e via col vento. Forse il brigantaggio deve essere associato al terrorismo che insanguinò ed insanguina le nazioni ed i terroristi manovrati ora da questo ora da quel governo, che se ne serve buttandoli infine in pasto ai tribunali se non vengono fatti tacere per sempre.
In Calabria dei briganti si servirono tutti, governanti e latifondisti, armando i poveri per difendere i loro interessi, per poi lasciarli ai boia. I poveri non si resero conto di niente, passarono di mano in mano, per essere sempre manovrati dai Borboni ai Piemontesi, dai bianchi (il papato) ai neri ai rossi, strumentalizzati per sempre. Così avvenne che il meridione italiano fu, con ingegno, fatto restare nell’arretratezza e sotto il giogo dei militari come della polizia di stato. Del resto questi signori in armi ( in questi ultimi tempi diplomati e laureati, senza contare le signorine )vengono dal proletariato e contro di esso mandati a soggiogarlo, come i bersaglieri nel film di Pietro Germi che erano contadini del nord scagliati contro i contadini del sud.

giovedì 7 novembre 2013

Billy, Doc, Pat, Rio and the horses

OGGI



The outlaw (1943) Billy (the kid) e Doc (Holliday) vanno a letto con Rio e montano lo stesso cavallo. Pat (Garret) vorrebbe andare a letto con Billy, i cavalli non lo interessano per niente. Rio in quanto donna non conta nulla vale più come scalda letto.
Il film appartiene a due Howard: Hawks che iniziò il lavoro ad Hughes che lo tose di mano al primo e firmò.
Le uniche cose ragguardevoli, assieme al sostegno del cinematographer  Gregg Toland, sono gli esterni del villaggio (tutto adobe) ed appartengono al primo Howard; il resto, pur essendo un’opera forte rimane allo stato grezzo per la verbosità  (picaresca) infinita e le poche azioni che si contano sulle dita di una mano.
Gli attori se la cavano benissimo per la caratterizzazione dei personaggi: Jack (Beutel) ha il fisico del ruolo, Jane (Russell) il petto generoso, Walter (Huston) sa arrotolare cartina e tabacco, Thomas  (Mitchell) cova rabbia verso Billy.
Ah … dimenticavo, se la cavano benissimo pure i cavalli.

lunedì 4 novembre 2013

domenica 3 novembre 2013

Enrico Ghezzi's diary


Jim McBride autore del capolavoro David Holzman’s diary a Taormina
con Enrico Grezzi affabulatore