martedì 27 marzo 2012

un ventiquttresimo di secondo x un'ora e mezzo



Un film di Ingmar Bergman è, per così dire, un ventiquattresimo di secondo che si trasforma e si dilata per un’ora e mezzo. E’ il mondo fra due battiti di palpebre, la tristezza fra due battiti di cuore, la gioia di vivere fra due battiti di mani. Una frantumazione della durata alla maniera di Proust, ma con maggior forza, come se Proust fosse stato moltiplicato da Joyce e Rousseau insieme.
JL Godard

dedicato ad una ex docente universitaria di storia dell'arte di reggio calabria che non riesce a leggere proust ,joyce e non sopporta bergman

lunedì 26 marzo 2012


Molti registi hollywoodiani si sono cimentati con il remake, basta un origine sicura, un produttore che vuole un lavoro consegnato a breve scadenza, magari anche un regista a corto di idee o bisognoso di un contratto per mantenere un certo tenore di vita.
Steven Spielberg ha rifatto Joe il pilota, Jim McBride ha rifatto Fino all’ultimo respiro, più indietro nel tempo John Sturges aveva rifatto  I sette samurai.
Anche Michael Cimino per accontentare Dino De Laurentiis accetta di rifare Ore Disperate di William Wyler a suo tempo con Humphrey Bogart e per essere sicuro della riuscita richiama Mickey Rourke gia con lui ne I cancelli del cielo e L’anno del dragone.  A quell’epoca l’incostante Mickey era molto ricercato ma i due erano e sono molto amici.
Vorrei dire qui che quella di impossessarsi di lavori altrui e dargli nuova veste in America coinvolge anche il settore musicale. Un cantante, pure lui o per contratto o in un momento di calo di creatività, oppure una casa discografica, alle volte arrangiano in chiave contemporanea musiche e testi di altri cantanti o compositori, alle volte per raccogliere fondi come fu il caso di Red, hot & blue in cui si riproposero le musiche di Cole Porter, oppure sottoforma di tributo ad un artista universalmente riconosciuto; nemmeno Bob Dylan o Bruce Springsteen sfuggirono a questa prassi delle cover.
Ore disperate nella revisione di Michael Cimino è un thriller nostalgico, una visione del mondo un tantino conservatrice, molto direi, e certe volte sembra che Mickey Rourke (Michael Bosworth) diventi il portavoce del regista, che richiama ai saldi valori della tradizione, USA e getta, ed in questo senso si inseriscono i richiami al cinema ed ai personaggi di John Ford, come in quella magnifica sequenza, quasi fuori dal film, siamo nello Utah , nello Zion national park, con una canzone cara a John Ford, Red River Valley, quando David Morse (Albert) si lascia prendere e ridurre a niente da parte della polizia mentre sotto di lui scorre implacabile il fiume ed i cavalli non gli prestano alcuna attenzione .
Michael Bosworth è un perdente, non uno psicotico, in una società persa, tradito da Kelly Linch, una bionda che porta tacchi a spillo, nonché il suo avvocato, catturato da Lindsay Cruse, una poliziotta mezza donna  quasi uomo, la cui aspirazione è una vita tranquilla con una moglie come Mimi Rogers e il conto in banca come Anthony Hopkins .

domenica 25 marzo 2012

Harvest



Continuai a svolgere compiti logistico-amministrativi e… ebbi una sala cinematografica tutta per me: io programmavo, io proiettavo, il pubblico era quasi tutto di giovani. La sala non aveva un nome, era all’interno dell’E.. Il direttore in questo, e fu l’unica volta, mi diede libertà assoluta, un po’ ascoltavo il povero Antonio Marzotti, docente di materie umanistiche.
I cataloghi erano quelli del cinema Loreto di Platì: l’Angelicum di Messina e la San Paolo Film di Catania, non poteva essere altrimenti. Il proiettore era un sedici mm. Fumeo, acquistato presso il negozio di foto-cine di Angelino Panzera. Lo schermo della sala, a parete, era stato predisposto involontariamente dai proprietari dell’appartamento sede dei corsi, ed incredibilmente in una cornice in gesso, in CinemaScope. Già al momento del sopralluogo per prendere in locazione l’appartamento, come entrai in quel salone e vedendo quella cornice pensai subito a quell’utilizzo finale.
E finalmente, come in una metamorfosi di Ovidio divenni Mimmo Addabbo.
Poco distante dalla sede di lavoro c’era la casa dell’avvocato Mongiardo, agente dell’Angelicum in Sicilia, in via Citarella, a monte del viale San Martino, poco più sopra l’edicola di Santino Privitera.
Mettendo piede nello stanzone dove erano depositati e catalogati sia le pellicole che i manifesti ebbi un attimo di esitazione, perché accanto alla porta c’era un lettino dove dormiva la mamma del padrone di casa. Vedendola mi spaventai, lei mi tranquillizzò e mi spiegò che pur essendo la casa grande, suo figlio aveva ritenuto opportuno adagiarla nel suo luogo di lavoro. Qualche tempo dopo la signora mi rivelò che suo figlio l’aveva posta lì per tacitare la moglie brontolona.
A parte ciò appena cominciai a guardarmi attorno ebbi una specie di seconda visione, velocissima, di tutti i film che avevo visto al cinema Loreto, un gran numero erano appesi alle pareti di quello stanzone. Chiesi all’avvocato Mongiardo se aveva noleggiato in passato i film per quel cinema, lui mi rispose: “ Si, certo, conoscevo benissimo l’arciprete Minniti e Mimmo Addabbo, di cui sono stato spesso ospite a pranzo e lui è stato qui da me.”
Ai miei spettatori potevo far vedere qualsiasi cosa, ancora dovevano fare la comparsa videoregistratori e videocassette, loro gradivano tutto pur di non fare lezione. In pratica molti venivano perché avevano al scusa di uscire da casa, in modo particolare le ragazze provenienti dalla periferia.


giovedì 22 marzo 2012

Malanovabuzzanca, escluso Gino

è un film per tutti






L'interesse di quest'opera. oltre che nei due magnifici, sta  nella presenza di un poco conosciuto attore della città dello stretto: Gino Buzzanca, il caporione dello spezzone di sopra con i sacrosanti baffi, coppola e accento nostrale, che ha partecipato a più di cinquanta film di tutti i generi praticati nella paenisola, compreso Duello nella Sila.
Il film diretto da Simonelli sembra girato dalle parti di Sant'Alessio Siculo, Forza d'Agrò, Savoca o quanto meno nella vallata dell'Agrò e vede la partecipazione di alcune attrici in quel tempo famose come Moira Orfei: sembra eterna, oggi nei tour del suo circo forse c'è il suo clone ricoperto di stucco, calce e colori acrilici e tubi innocenti per mantenerlo all'impedi.

Exotico

Atom Egoyan a Taormina (polaroid Mittiga)

mercoledì 21 marzo 2012

Quando volano le cicogne

OGGI
AL CINEFORUM PEPPUCCIO TORNATORE

Veronika ,Borìs e il di lui fratello

Per il cinema sovietico, quello di propaganda, la guerra è stato un soggetto a cui attingere a piene mani durante la destalinizzazione intrapresa da Kruscev apparentemente per ammansire l’occidente. Nel 1958 Il festival di Cannes gli diede una mano premiando, Quando volano le cicogne di Michail Kalatozov e quel falso movimento.
La regia zappa nel terreno del neorealismo italiano drammatico alla De Sica come a quello rosa alla Renato Castellani. La storia di Veronika trae origini da quelle sementi.
Ma non dovete pensare che sia un brutto film, anzi tutt’altro, è cinema per il popolo, fatto appositamente per la sua educazione.

martedì 20 marzo 2012

Hell & TV



La televisione non è un mezzo d’espressione. La prova è che più sciocca è, più è affascinante, più la gente resta affascinata davanti al piccolo schermo. Ecco cos’è la televisione, ma è sperabile che cambi. Il guaio è che quando si comincia a guardare la televisione non ci si stacca più. Bisogna non guardarla.
Jean-Luc Godard

lunedì 19 marzo 2012

Corsa per la vta

Michael Cimino ha diretto fino ad ora sette film, come Andrej Tarkovskij e Sergio Leone: Verso il sud (The Sunchaser) è del 19996 e come l’ultimo film del maestro italiano e stato prodotto da Arnon Miilchan.
A prima vista , era accaduto anche a me, sembra un soggetto che segue la moda New Age, in quegli anni molto in voga, come Grand Canyon di mastro Lawrence Kasdan. Non è così.
E’ un viaggio di purificazione ed è un incontro, come spesso è accaduto nel cinema di Cimino, tra due opposte culture; un incontro scontro con l’altro: qui un nativo, altrove uno slavo o un asiatico.
E’ pure una fuga, come Big Jane, verso territori ancora salvi dalla massificazione: le Montagne Rocciose ed i territori Navajo, dove per anni Edward Abbey, di cui ho parlato nei giorni precedenti, aveva svolto il  suo lavoro di ranger.
Possa la bellezza essere davanti a te!
Possa la bellezza essere dietro di te!
Possa la bellezza essere sopra di te!
Possa la bellezza essere sotto di te!
Possa la bellezza essere tutt’intorno a te!
Questo che sembra essere un salmo viene ripetuto varie volte durante il corso del film da Blue un mezzosangue, ripresa sicuramente da quella che ripeteva spesso il principe Miskin nell’Idiota  di Dostoevskij: “ la bellezza salverà il mondo “.
Per non diventar e noioso terminerò ricordando una scena molto significativa a tal proposito: accade quando i due protagonisti a bordo di una Cadillac che ha tutto il sapore di un brano spingsteeniano, per sfuggite all’inseguimento della polizia, sulle note della suite Appalachian Spring di Arnon Copland scritta per un balletto di Martha Graham, il bianco chiede aiuto ad un gruppo di Navajo che portavano al pascolo un branco di cavalli: mimetizzati dalla nuvola di polvere sollevata da questi riuscirà a sfuggire alla cattura e portare il compagno mezzosangue verso la montagna sacra, dove si dissolverà nella sua corsa verso la rinascita.


giovedì 15 marzo 2012

Il re di Montetauro

Nino Manfredi a Taormina (foto Mittiga)

mercoledì 14 marzo 2012

Cinemascope contro Panavision

OGGI


Gli schermi di oggi sono diversi da quelli di una volta, erano concavi e si restringevano verso il centro per via del Cinemascope, oggi sono piatti per via del Panavision. Il primo di questo genere a Messina fu l'Odeon quando fu ristrutturato negli anni sessanta, per la cronaca quando riaprì il primo film proiettato fu C'era una volta il west.
Un film come I quattro dell'ave maria non è godibile su questi schermi moderni. Al cinema Metropol in via Garibaldi mi avvolse con tutto il suo spettacolo, perche Giuseppe Colizzi ci sapeva fare, aiutato in questo da Eli Wallach, proveniente alla sua esperienza "brutta". Erano, quegli anni, senza dominio televisivo, e dentro il cinema si poteva incontrare il proletario caro a Pasolini come l'intellettuale caro a Bertolucci, anche l'odore del cinema era diverso, erano diverse anche le maschere, proletarie anch'esse.


lunedì 12 marzo 2012

Harvest


Tra i libri che portai con me quell’anno, c’era La linea d’ombra di Joseph Conrad. Rientrare a casa fu come superare quella linea, qualcosa era cambiata e sebbene stavo riprendendo la solita vita niente era più come prima.
Un fatto grave accadde quasi subito il mio rientro. La morte per cause accidentali di C. S., turbò tutti quelli che la conoscevano. Una volta, quasi come facendomi una radiografia, mi disse. “io ti vedo bene da solo”, non mi spiegò cosa pensasse ne io mi curai di chiederlo, ma quella frase mi accompagna ancora, e sono sempre da solo.

Dopo un anno di vita regolata dalla disciplina e dalla gerarchia, da un illusorio senso del dovere, come da fantomatiche aggressioni esterne, ancora per molto, e nei sogni notturni, continuerà l’ansia di non poter tornare liberi a casa o dal richiamo forzato a svolgere compiti inutili con gente sempre più giovane.
Per fortuna l’anno è trascorso, si è vivi e si è felicemente costretti a riprendere da dove si era interrotta la sequenza quotidiana della vita.
A fatica ripresi il lavoro all’E. dopo il rischio di una possibile estromissione per non dire licenziamento. Il mio direttore S. M. da amministrativo pensava di inquadrarmi come docente. La materia la conosceva soltanto lui, io da perenne autodidatta non sapevo cosa poter insegnare e quale era la disciplina a me più congeniale: ho vissuto e vivo in una continua condizione di stare sbagliando qualcosa nel meccanismo del compito a me affidato. Del resto, non sono un pensatore, non ho la pistola carica come il buono, io sono come il brutto, scavo.

L'architettore delle immagini

Amos Gitai a Taormina ( polaroid Mittiga)

giovedì 8 marzo 2012

Big Jane & Big Michael




La retrospettiva che inizia oggi è dedicata al più grande emarginato hollywoodiano: Michael Cimino
Sarà un viaggio a ritroso, dalla sua opera più recente che risale al 1996 al debutto del 1974.
Per cominciare invece di un film vi presento un libro, l’unico ancora pubblicato dal regista. Si tratta di Big Jane uscito dapprima in Francia e successivamente in Italia. A suo tempo fu presentato, come un opera filmica, al festival di Venezia.
Il pregio di tutta l’opera di Michael Cimino è che lui sa raccontare le storie con la  Panavision e anche con la penna non difetta per niente.
Di solito è lo scrittore che passa dietro la cinepresa, vi cito solo due a cui sono affezionato: Pier Paolo Pasolini e Peter Handke, scusate se è poco. L’unico regista che conosco passato alla scrittura è stato Eric Von Stroheim che scrisse Paprika. Von Stroheim ha in comune proprio con Cimino l’ostracismo degli studios dopo un flop con gli incassi di un capolavoro.
E’ un road- book che narra le peripezie di una statuaria bionda, per giunta bella,  in un andirivieni da costa a costa, dalla Long Island di Lou Reed alla California dei Grateful Dead di Jerry Garcia, a cavallo di una Indian.
Sembrerà strano ma il libro sembra scritto alla moviola con tagli nervosi e stacchi quasi bruschi da un’inquadratura all’altra ed ogni capitolo è aperto da una citazione del Don Chisciotte di Cervantes
Non mi va di raccontarvi tutta la storia, dico solamente che Big Jane e Michael Cimino hanno in comune l’amore per la cultura dei nativi americani , presso cui il regista ama passare parte dell’anno.
Per Herman Melville il tema era lo spazio, per Jack Kerouac la velocità, per Jane Kiernan tutt’e due.



mercoledì 7 marzo 2012

OGGI
AL CINEFORUM PEPPUCCIO TORNATORE
Il romanzo di Edward Abbey da cui è tratto Solo sotto le stelle (The Bave Cowboy) è del 1956,molti anni prima che Cormac  McCarthy modellasse i suoi personaggi simbolo: John Grady  Cole, Billy Parhman e lo sceriffo Bell.
Jack W. Barnes e lo sceriffo  Johnson, con i volti di Kirk Douglas e Walter Matthau, potrebbero esserne i loro prototipi.
L’elemento base di questo film, il vero capolavoro, è la sceneggiatura di Dalton Trumbo. Trumbo aveva sceneggiato per Kirk Douglas Spartacus, poi tradotto sullo schermo da Stanley Kubrick che lo rinnegò successivamente; i due tipi, distanti duemila anni, si assomigliano: voglia di libertà, lotta contro ogni tirannia, individualismo, forte legame con la natura; alla fine della loro corsa saranno inseguiti e stroncati dall’apparato repressivo della società . L’attore ancora oggi lo indica come il suo preferito.
Purtroppo David Miller non è Kubrick, ma non gliene vogliamo, il film l’ha diretto bene, tenendo “per le redini “ Kirk Douglas, fuori misura in altre occasioni. E, concedetemelo, Walter Matthau  aveva molto meglio dello insignificante T. L. Jones, il volto ideale e l’umanità della figura, per interpretare lo sceriffo Bell di Non è un paese da vecchi dei Coen.
Per tornare al romanzo di Edward Abbey, mai tradotto in Italia,dove però sono stati pubblicati Deserto solitario, Fuoco sulla Montagna e I sabotatori, contiene i temi cari al suo autore, un partigiano  della wildness cara a  Henry David Thoureau.


lunedì 5 marzo 2012

Linguaggio cinematografico

Noi siamo i figli del linguaggio cinematografico. I nostri genitori sono Griffith, Hawks, Dreyer e Bazin, e Langlois e non voi, e del resto le strutture, senza immagini e senza suoni, come potete parlarne?
Jean-Luc Godard

domenica 4 marzo 2012

Harvest



E ancora. Quando la notte, per scansare qualche servizio più pesante, mi mettevo di PAO, Picchetto Armato Ordinario, accendendo la piccola radio a transistor Philips 80, capitava che l’angelo di deejay di una emittente locale,  molto simile a Radio Messina Quartiere nelle scelte musicali, faceva girare sul piatto The River del Boss, e lo faceva anche in quelle notti fredde e più lente da trascorrere, in cui ero sull’altana a guardare oltre la parte illuminata intorno alla caserma. Di certo non mi ha fatto sentire inutile. E ci fu una mattina quando dopo una notte passata al comando, era stato nel frattempo nominato caporalmaggiore, del drappello di guardia alla porta centrale, al momento dell’alzabandiera, al cospetto di tutta la caserma “Pasquali”, ufficiali, sott’ufficiali e truppa, mentre urlavo il presentat arm, con la banda che intonava l’inno di Mameli, che mi avrebbero potuto ordinare di invadere nuovamente la Polonia per come mi sentivo in quel momento, dentro un film epico di Anthony Mann.
Rock’Roll animal di Lou Reed, in cassetta, lo faceva serpeggiare per le camerate un catanese che aveva solo una pecca, era l’unica cassetta in suo possesso e lui ce la faceva ascoltare dall’alba al tramonto. Costui la notte, prima di andare in missione a mollare buste di plastica piene di acqua ed altre porcherie, si preparava ascoltando l’intro con quell’assolo di chitarra che rimane una delle cose più belle di Lou Reed. Erano note di terrore in quell’istante, che annunciavano all’ignaro malcapitato la pena per una infrazione al codice del nonnismo. Un urlo disumano volava nei corridoi, attestava che la busta si era deflagrata sul malcapitato di turno ed il sonno poteva riprendere tranquillamente per quella notte.
Quello fu l’anno in cui il battaglione a cui ero assegnato ebbe l’onore delle cronache radiotelevisive e giornalistiche. Un giovane muratore che lavorava dentro la caserma mise in moto un cingolato anfibio, sfondò il muro di cinta e dopo un percorso di qualche chilometro si fermò al casello dell’autostrada Roma-L’Aquila per prendere il biglietto. Voleva andare dalla sua fidanzata e farle fare un giretto. Come un film a velocità raddoppiata ci armammo e montando su qualsiasi mezzo scappammo a riprenderlo in tempo. I giudici,stranamente, furono molto clementi vista la giovane età.



in quell'anno, nel tour di the river  quando il boss attaccava Badlands Roy Bittan introitava al piano c'era una volta il west del Maestro prima dell'esplosione

“Lights out tonight
trouble in the heartland
Got a head-on collision
smashin’ in my guts, man
Luci spente questa notte
problemi nel centro
ho la testa che mi scoppia
e lo stomaco in subbuglio, amico

giovedì 1 marzo 2012

Ignatius J. Reilly


Quando la ruota della Fortuna gira verso il basso, vattene al cinema e dimentica tutto il resto.
John Kennedy Toole, Una banda dui idioti